Cronaca
25 Novembre 2022
La requisitoria della procura con la richiesta di condanna all'ergastolo per l'imputato: “Modalità dell'omicidio tipiche dell'esplosione di rabbia, delitto compiuto da un uomo che non sopporta che la sua donna possa dire basta”

Femminicidio Placati. Il pm: “Un massacro, Saveri agì in preda a tempesta emotiva”

Rossella Placati (foto da Facebook)
di Daniele Oppo | 5 min

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Rossella Placati (foto da Facebook)

Rossella Placati (foto da Facebook)

“Un uomo in preda a una tempesta emotiva”, che “agisce come una pallina di un flipper”, “un’altalena di emozioni”. Un uomo “che si sente umiliato, tradito, ingannato”, che è al contempo “rabbioso, rancoroso, vendicativo”, che “si sfoga con chiunque, anche con persone con le quali non ha nessun particolare rapporto”. “Un uomo allo sbando, che non ha prospettive”. Un uomo che alla fine esplode, perde del tutto il controllo della propria rabbia e in pochi secondi compie “un massacro”.

Quell’uomo è Doriano Saveri (47 anni) e le parole sono quelle usate dal sostituto procuratore Stefano Longhi giovedì (24 novembre) nella sua articolata requisitoria, nel corso della quale ha collegato tra loro i numerosi indizi che portano la procura di Ferrara a indicare in Saveri il responsabile del brutale femminicidio di Rossella Placati, la donna di 50 anni il cui corpo martoriato è stato trovato privo di vita la mattina del 22 febbraio 2021 in una piccola stanza della sua abitazione di Borgo San Giovanni, a Bondeno.

La procura ha chiesto alla Corte d’Assise di condannare l’imputato all’ergastolo per omicidio aggravato dal rapporto di convivenza, ritenendo che nessuna attenuante possa essergli concessa. La sentenza arriverà l’anno prossimo nell’udienza fissata per il 17 gennaio. Il 10 gennaio è invece la data in cui prenderà la parola la difesa (avvocati Pasquale Longobucco e Alessandra Palma) per l’arringa.

Senza indugiare in dettagli macabri, vale la pena di fornire comunque i dettagli di quella brutalità, fornendo la ricostruzione apparsa più plausibile nel corso dell’istruttoria sulla scorta delle risultanze medico-legali. Rossella Placati è presa di sorpresa e colpita prima al volto con un pugno che le ha rotto zigomo, labbro, naso e alcuni denti. Poi subito accoltellata quattro volte al petto, nella zona del seno sinistro, mentre era ancora in piedi, con due dei fendenti che hanno perforato i polmoni. Questo l’ha fatta accasciare a terra, in posizione semi-prona, poggiata sul lato destro: in questa posizione il suo capo è stato raggiunto almeno sette volte sul lato sinistro dai colpi sferrati con un oggetto contundente che le hanno creato 10 lesioni, rotto le ossa e provocato lo sfacelo. Uccidendola così, di fatto, col cranio fracassato. Il tutto consumato nel giro di pochi secondi.

I sostituti procuratori Stefano Longhi e Lisa Busato

Le modalità dell’omicidio sono tipiche di un’esplosione di rabbia – ha detto il pm Longhi -, di un’azione rapida che si risolve nel giro di pochi secondi”. Modalità tipiche di un “delitto compiuto da un uomo che non sopporta l’idea che la sua donna possa dire basta, possa lamentarsi di lui con altri e che non sopporta l’idea, sbagliata, che possa avere un altro”.

Tutti gli indizi portano a Saveri – ha detto il pm -. L’ipotesi alternativa porta a sostenere che lì ci fosse un fantasma che non lascia tracce, arrivato dal nulla, che senza movente commette quell’omicidio con quella brutalità”.

Tra gli indizi rilevano le tracce biologiche trovate nella casa, alcune con il DNA misto Saveri-Placati, le tracce ematiche riconducibili alla vittima ritrovate sotto la suola di un paio di scarpe marca Converse che Saveri sicuramente indossava il 21 febbraio – nella cui sera, in un arco di tempo che va delle 22/22,30 all’1,30 del giorno successivo, è avvenuto l’omicidio – e che poi sono state ritrovate nella cantina esterna dell’abitazione, riposte in una scatola di scarpe marca Saucony, scarpe calzate dall’imputato il 22 febbraio, quando si presentò dai carabinieri per dire che in casa c’era la sua compagna morta, affermando che non fosse stato lui a ucciderla. E ancora, il comportamento di Saveri che porta alla sua ex compagna, che vive a Vigarano, soldi, le lascia il bancomat con il pin e le dà la sua copia delle chiavi di casa e dice a sua figlia di essere forte. I dettagli conosciuti da uno dei suoi compagni di cella, il pentito Antonio De Carlo, chiamato anche ‘Tonino spara-spara’, “che solo chi ha commesso l’omicidio poteva sapere”, come ad esempio il fatto che l’accappatoio che Placati indossava non era stato rovinato dalle coltellate. Una circostanza vera, perché non era allacciato ed era aperto sul davanti, ma che Saveri non avrebbe potuto conoscere solo vedendo il corpo in terra e solo avvicinandosi per vedere se il cuore pulsava ancora, come invece ha raccontato. Poi il fatto che proprio quella notte rimanga a dormire sul divano e non salga al piano di sopra, come faceva abitualmente: per il pm è perché sapeva che avrebbe visto le gambe di Placati sbucare tra lo stanzino e il corridoio, motivo per il quale quando va in bagno, sempre allo stesso piano, non accende la luce.

Si costruisce così il suo racconto alternativo, dove non ha nulla da confessare e dove la vittima “diventa una sorta di oggetto, non è più una persona, non c’è mai una parola di pietà per lei”. D’altronde “Saveri non è un killer professionista, non è un criminale – ha detto il pm – e quando sceglie di prendere una determinata strada non è scevro da errori. Non è un delitto premeditato, è un evidente discontrollo di un impulso aggressivo”.

Prima di Longhi ha parlato la sua collega Lisa Busato, che in alcune ore ha ricostruito i movimenti di Saveri, i suoi contatti, le chat, il rapporto ormai logoro tra Saveri e Placati, finito ormai il 7 febbraio “data spartiacque”, con una lite dopo un pranzo in ristorante con gli amici e un conflitto che si trascina fino al 21 febbraio, quando esplode ancora in una lite violentissima, con toni altissimi registrati anche dalle telecamere di sorveglianza che lo stesso Saveri aveva installato nella casa di Borgo San Giovanni (per dissidi con i vicini) e che in quello stesso giorno, proprio dopo quel litigio, toglierà per vendetta, rinfocolando il conflitto, fino alla lite finale, l’ultima che si conosce, questa raccontata dall’imputato, con lei che alla sera gli punta un coltello, gli buca maglioncino e maglietta e lo ferisce a una mano quando si divincola dalla minaccia.

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