Cronaca
9 Novembre 2022
L'imputato si è sottoposto all'esame rispondendo alle domande di pm e avvocati. E quando parla della vittima non ne pronuncia quasi mai il nome

Femminicidio Placati. Saveri: “Io sono innocente”

Doriano Saveri
di Redazione | 6 min

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Doriano SaveriIo sono innocente. Sono da due anni in carcere, ma prima o poi per un detenuto si trova l’equilibrio. La vera condanna è per la mia famiglia, per mia figlia, per mia sorella. E per la sua famiglia. Sono sicuro di non meritare tutto questo, sono una persona buona, corretta e alla fine mi ritrovo in carcere per omicidio”. Sono parole di Doriano Saveri, interrogato ieri nell’ultimo atto dell’istruttoria del processo che lo vede imputato di omicidio, quello della sua ex compagna Rossella Placati, brutalmente uccisa tra il 21 e il 22 febbraio del 2021 nella sua abitazione di Borgo San Giovani, a Bondeno.

Saveri ha risposto a tutte le domande dei pubblici ministeri Stefano Longhi e Lisa Busato, a quelle delle parti civile e della sua difesa. Ha ribadito sempre la stessa versione dei fatti, quella che ha mantenuto da sempre, anche quando la ‘logica’ non sembra dalla sua parte: lui non ha ucciso Rossella Placati.

Saveri e Placati – “questa persona qua”, come spesso la chiama, spiegando al pm che gliene chiede la ragione di avere ancora un problema nel pronunciare il suo nome, “perché la amavo davvero” – erano ormai al punto di non ritorno dopo e lui la voleva denunciare perché si sentiva diffamato da lei: “Insisteva a mettere in giro la voce che ero un drogato, che non pagavo le spese in casa”.

L’imputato ha ammesso di aver spiato il telefono cellulare di Placati – perché aveva anche “il sentore” che si frequentasse con qualcun altro – ha ammesso di averle detto delle offese ma anche sostenuto di essere stato lui oggetto di offese e minacce. Ha ammesso i vari giri effettuati in auto, cercato di dare spiegazione dei diversi spostamenti, dei loro orari e degli incontri con le persone e del contenuto delle conversazioni con loro, che – lette alla luce della tragedia – sembrano in molti casi tremendi presagi e che invece lui riconduce a uno stato di disperazione, alla voglia di far sapere che su di lui era stato detto il falso.

Saveri ha spiegato di aver tolto le telecamere di sorveglianza dalla casa di Placati per ripicca, e questo fu all’origine di un episodio importante che si sarebbe verificato in casa il 21 febbraio. Dopo che Saveri tolse i dispositivi di sorveglianza (di sua proprietà, installati perché Placati riteneva di subire delle angherie da una vicina di casa), la donna reagì male. Lui – secondo il racconto di Saveri – andò al bancomat e prelevò 100 euro, poi quando tornò a casa li lanciò verso Placati, che in quel momento era in cucina: “Sono volate parole, mi ha detto di stare attento, ‘ammazzo te e tua figlia’. Io ho raccolto i soldi e poi li ho poggiati su una cassettiera e quando mi sono girato ho trovato Rossella che mi puntava un coltello sulla pancia”. Il coltello – “lungo 30 centimetri, con la lama liscia” – non è stato mai ritrovato nel corso delle indagini.

In quell’occasione Saveri sarebbe rimasto leggermente ferito a una mano, tagliata dall’arma nel gesto di allontanarla, mentre la punta avrebbe bucato il maglioncino che portava. “Sgocciolavo e sono andato a lavarmi la mano in bagno”. Poi sarebbe andato via, in direzione Vigarano dove vive la ex moglie, alla quale diede 600 euro in contanti e una parte dei vestiti che aveva raccolto, in vista di un trasferimento. Quei soldi li avrebbe dati in parte per il mantenimento, e in parte perché lo aiutasse a trovare un legale a Vigarano per denunciare Placati. Lui afferma di aver parlato di questo con la ex moglie, lei ha invece negato.

Saveri non ha saputo dare una spiegazione sul perché il suo telefono si sia spento e riacceso un paio di volte tra le le 20.55 circa e le 22.03. Ha però contestato con decisione di aver “cambiato percorso”, rispetto a quello solito, per ritornare a Borgo San Giovanni, dove avrebbe passato la notte: “Non è vero che facevo sempre la stessa strada”.

Alle 22.05 scattò delle fotografie nello stanzino della casa dove aveva ammassato un po’ delle sue cose da portare via: “Aveva detto che le avrebbe scaraventare, ho pensato di fotografarle”. La notte la passò in agitazione, sul divano, fumando. All’una spostò l’auto sua e di Placati; alle 6.23 del mattino altre foto: gocce di sangue sulla scala e in cucina e le ferita alla mano: “Volevo documentare”. Poi scrisse al suo collega di lavoro che non sarebbe andato a lavorare e verso le 7 del mattino si recò ancora a Vigarano dalla ex moglie, alla quale lasciò altri soldi e perfino il bancomat, la sua copia delle chiavi di casa, dicendo a lei e alla figlia di essere forti. Per Saveri il bancomat rimase senza che se ne accorgesse in mezzo ai soldi che aveva in tasca e lo consegno involontariamente, il denaro serviva ancora per pagare il futuro avvocato per la causa contro Placati e quella frase era per la figlia, che lo aveva visto piangere. La versione della donna è di altro tenore, al punto che ha raccontato che aveva pensato che volesse scappare.

Alle 8,23 Saveri è di nuovo davanti alla casa di Borgo San Giovanni. Sa che Placati quel giorno non è andata al lavoro, non l’ha vista uscire e l’auto è ancora lì. Dopo una sigaretta entra. “Vado in cucina, poi salgo le scale. Volevo andare a dirle, anche per rispetto, che l’avrei denunciata. E vedo il corpo. Mi è venuto da mettere una mano sulle gambe e ho sentito il collo. Ero nel panico”. Panico per lo stato del cadavere, riverso a terra con il cranio fracassato, panico – come da lui ammesso – perché sarebbe stato accusato lui. Panico che lo portò non a chiamare il 118 o il 112, ma a recarsi direttamente alla stazione dei carabinieri e professare la sua innocenza.

Saveri, infine, ha spiegato anche di aver raccontato molti particolari della casa, del suo rapporto con Placati e di quello che sapeva dell’omicidio all’ex collaboratore di giustizia Antonio De Carlo, chiamato anche ‘Tonino spara-spara’, con lui in carcere dopo l’arresto. Per l’accusa (e per lo stesso De Carlo) gli avrebbe confessato l’omicidio e le sue modalità, per Saveri le cose sono diverse: “Non ho confessato una cosa che non ho fatto”, ha rimarcato, spiegando che invece raccontò quel che sapeva perché De Carlo si era offerto di tirarlo fuori dai guai: “Mi disse che avrebbe trovato qualcuno che si sarebbe accollato l’omicidio e che servivano dettagli. All’inizio rifiutai, poi disse che era affezionato a me, che questa persona aveva un debito con lui, che comunque stava per morire e probabilmente il processo non si sarebbe neanche fatto. Io sono innocente, ma ero devastato da quella situazione e quanto meno se la accollava un altro”.

Procura e difese discuteranno il 24 novembre, ed è già stata fissata un’udienza per eventuali replica al 10 gennaio del 2023, giorno in cui dovrebbe arrivare la sentenza.

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