Dopo l’avvertimento dell’opposizione, che paventava il rischio di far pagare ai ferraresi ancora una volta i costi di decisioni improvvide, e dopo l’annuncio di azioni legali contro una pretesa azione discriminatoria, la giunta di Ferrara fa dietrofront sulle case popolari.
Con una nuova delibera, non annunciata ai media ma rintracciabile sull’albo on line del Comune di Ferrara, sindaco Alan Fabbri e assessori modificano il criterio dell’impossidenza. Con la deliberazione numero GC-2021-19 approvata lo scorso 26 gennaio, l’amministrazione mette mano al nuovo Regolamento comunale per l’assegnazione degli alloggi erp.
Fino ad oggi il richiedente, all’atto della presentazione della domanda, doveva produrre adeguata documentazione per provare di non possedere “immobili nel proprio Stato di origine o in qualunque altro Stato oppure l’inadeguatezza dell’eventuale alloggio”.
Come spiegato nelle scorse settimane da opposizioni, legali e associazioni cattoliche, tale criterio – in molti casi impossibile da provare per il richiedente – avrebbe esposto il fianco ad azioni legali e rischiato quindi di vedere il Comune condannato ancora una volta ad adottare misure non discriminanti per i cittadini.
La motivazione adottata dalla giunta fa riferimento all’emergenza sanitaria in corso, “in considerazione delle limitazioni agli spostamenti delle persone – si legge – imposti dalle misure di contenimento dell’epidemia sanitaria SARS COVID 19”. A ogni modo ora sarà sufficiente una dichiarazione sostitutiva per essere ammessi alla graduatoria senza riserva.
Fanno eccezione, per espressa disposizione del decreto ministeriale 21/10/2019, “i cittadini degli Stati o territori inclusi di Regno del Bhutan, Repubblica di Corea, Repubblica di Fiji, Giappone, Regione amministrativa speciale di Hong Kong; Islanda; Repubblica del Kosovo; Repubblica del Kirghizistan; Stato del Kuwait; Malaysia; Nuova Zelanda; Qatar; Repubblica del Ruanda; Repubblica di S. Marino; Santa Lucia; Repubblica di Singapore; Confederazione Svizzera; Taiwan; Regno di Tonga.
Per ironia della sorte la modifica effettuata dalla giunta è praticamente quella che aveva chiesto mesi fa il Partito democratico, solo che allora – nonostante esistesse già l’emergenza Covid – venne bocciata.
“La perenne ideologia propagandistica della Lega – affermano oggi Ilaria Baraldi e Francesco Colaiacovo – portò, come ormai triste consuetudine a Ferrara, ad una evidente discriminazione tra richiedenti che potevano dimostrare l’impossidenza con semplice autodichiarazione e richiedenti cui veniva richiesta la documentazione certificata dal proprio Stato di provenienza”.
“Oggi scopriamo che la giunta – aggiungono i due consiglieri – di fatto sbugiarda uno dei suoi cavalli di battaglia, il sempre verde “prima gli italiani”. Molto rumore per nulla, si direbbe. Se non fosse che permane una altrettanto clamorosa e gigantesca discriminazione, quella tra generazioni, dove il punteggio assegnato alla residenzialità senza alcun limite penalizza – in modo da escluderle – le nuove generazioni, ossia le giovani coppie, anche con figli, indipendentemente dai bisogni e dalla gravità del disagio sociale in cui vivono. Altro che Ferrara attrattiva e accogliente”.
Quanto basta per far gridare a Roberta Fusari a “un’altra sconfitta per la Lega”. “Cade uno dei baluardi del nuovo regolamento d’accesso alle case pubbliche – spiega l’esponente di Azione civica -. La motivazione ufficiale di questa retromarcia è l’emergenza sanitaria (naturalmente…), la delibera si dilunga abbondantemente nel giustificare questa scelta, fatta con convinzione in sede di regolamento a marzo scorso, definita nel dettaglio dei documenti necessari a luglio, e confermata anche recentemente con una delibera di dicembre, quindi sempre in periodo di emergenza sanitaria, e sempre convintamente riproposta”.
“Se i ricorsi presentati dagli avvocati pochi giorni prima dell’ultima delibera della giunta sono il vero motivo, ne siamo felici – aggiunge Fusari -, perchè eviteremo di vedere il nostro Comune in un percorso giudiziario (con relative spese per le casse pubbliche) che si sarebbe risolto con una seconda condanna per attività discriminatoria, dopo quella dei Buoni spesa. Ci si è fermati un attimo prima, meno male”.
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