Politica
10 Gennaio 2021
"La graduatoria non tiene conto di famiglie e figli ed espone il Comune a condanne onerose per i cittadini"

Case popolari. Forti perplessità anche dalle associazioni cattoliche ferraresi

di Redazione | 3 min

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Le associazioni cattoliche fanno proprie le parole di Papa Francesco per la terza giornata mondiale dei poveri nel 2019, che iniziavano con il Salmo 9, 19: «La speranza dei poveri non sarà mai delusa». Parole che “esprimono una verità profonda che la fede riesce a imprimere soprattutto nel cuore dei più poveri: restituire la speranza perduta dinanzi alle ingiustizie, sofferenze e precarietà della vita”.

Queste le parole con cui iniziava il messaggio di Papa Francesco per la terza giornata mondiale dei poveri nel 2019. Con questa convinzione anche le associazioni cattoliche ferraresi esprimono “forte perplessità sui criteri con cui vengono assegnate le case popolari nel nostro Comune, soprattutto in merito ai requisiti dell’impossidenza e della residenzialità storica”.

Quest’ultimo, già introdotto dalla delibera dell’assemblea legislativa regionale n. 154 del 6 giugno 2018 “e utilizzato senza limiti come criterio maggiormente premiante dall’attuale regolamento comunale”, ridurrebbe “qualsiasi valutazione attinente alla situazione di bisogno o di disagio del richiedente, risultando nei fatti discriminatorio per chiunque, straniero o italiano anche proveniente da comuni limitrofi, risieda da poco nel territorio del comune di Ferrara”.

Tutto questo avviene “in un contesto, non dimentichiamolo, di denatalità e di invecchiamento demografico, dunque in uno scenario in cui favorire l’attrattività, particolarmente di giovani coppie, dovrebbe essere un obiettivo importante per una città che progetti il proprio futuro. Anche il fatto che il punteggio per la residenza di un anno nel comune di Ferrara, valga il doppio di quello di un figlio minore a carico di un nucleo familiare, non è a favore delle famiglie e della natalità”.

La certificazione dell’impossidenza, poi, per quanto stabilito dall’attuale regolamento comunale, “consiste per i cittadini di Paesi non appartenenti all’Unione europea in una dimostrazione documentale ufficiale, difficile da ottenere dai paesi di origine, mentre per i cittadini appartenenti all’Unione europea, è sufficiente un’autocertificazione sulla quale poi il Comune e gli enti preposti possono eseguire controlli”.

Questo aspetto, “unito agli altri in precedenza evidenziati, risulta nei fatti particolarmente discriminatorio per famiglie straniere che si trovano invece in situazione di forte bisogno, ostacolando, anziché favorire il loro positivo inserimento nel nostro territorio”.

L’applicazione dei due criteri, quindi, secondo le associazioni cattoliche, “non solo non ci sembra possa contribuire alla realizzazione del principio costituzionale dell’uguaglianza sociale, ma risulta miope nei confronti della città di domani e denota un’idea di futuro che non incentiva il ricambio generazionale, le nuove nascite e le famiglie. Ci pare inoltre che possa esporre l’amministrazione a ricorsi e a condanne onerose”.

Per entrambi i criteri, infatti, “ci sono già sentenze molto chiare in cui l’ente pubblico è stato condannato al risarcimento. Sull’impossidenza si veda la sentenza del Tribunale di Milano del 13/12/2018 RG n. 20954/2018: AsgiI contro il comune di Lodi, mentre sulla residenzialità storica si veda la sentenza del 9 marzo 2020, n. 44 della Corte Costituzionale”.

“Da cittadini laici – concludono Acli e le altre – ci auguriamo che l’equità, intesa come la giustizia del caso concreto che guarda all’umanità delle singole situazioni, possa essere ristabilita anche grazie alla collaborazione fattiva dell’amministrazione alla quale, se lo riterrà utile, non faremo di certo mancare il nostro costruttivo contributo. Da cristiani diciamo che è necessario, soprattutto in un momento storico come questo, nutrire la Speranza di tutti e non lasciare indietro nessuno”.

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