Politica
29 Maggio 2019
Fabbri favoritissimo. La speranza di Modonesi nella base grillina e nei nostalgici di sinistra

Verso il ballottaggio. Davide contro Golia

di Marco Zavagli | 4 min

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Sembra la storia di Davide contro Golia quella che i ferraresi si apprestano a vivere il prossimo 9 giugno. Da una parte il gigante filisteo, Alan Fabbri, spinto dal vento salviniano delle Europee e forte di un risultato schiacciante al primo turno delle comunali. Dall’altra il pastore che viene irriso quando si offre per sfidare il nemico.

Aldo Modonesi ha già fatto la sua parte, arrivando a un ballottaggio sul quale in pochi alla vigilia avrebbero scommesso. E di carte da giocare non ne aveva tante. A partire dalla penalizzazione di essere l’assessore uscente alla sicurezza, la madre di tutte le battaglie leghiste.

Il suo stesso partito, inoltre, si era diviso intorno alla sua candidatura. La segreteria comunale puntava su un civico capace di radunare un’intera coalizione di centrosinistra. Così non è stato e l’assessore uscente si è presentato alla competizione nei panni di chi deve rincorrere.

E anche adesso lo dovrà fare. Ma il gap che lo separa dallo sfidante è enorme.

La somma aritmetica vale poco, ma è un punto di partenza. Fabbri parte da un pingue bottino di 36629 voti. Al primo turno gli hanno garantito il 48,44%. Le liste che lo appoggiano raggiungono il 49.08%. Il candidato leghista vanta comunque a livello numerico più voti della coalizione, che tocca quota 35050.

I 24009 voti di Modonesi, pari al 31,75% dei votanti, superano anch’essi i 22122 voti totali delle liste a supporto (pari al 30.98%).

Se si raffrontano le preferenze ricevute dai due sfidanti con il totale dell’elettorato (si sono recati alle urne 77589 ferraresi su 108509 aventi diritto, il 71.50% del totale), ecco che Fabbri risulta votato al primo turno dal 33,75% degli aventi diritto, contro il 20,38 di Modonesi. In estrema sintesi: l’alfiere del centrodestra è stato preferito da un ferrarese su 3, quello del centrosinistra da uno su 5.

Modonesi deve recuperare 16,69 punti, qualcosa come 12.620 voti. Un’enormità. In suo sostengo si possono tranquillamente contare i voti delle liste di Roberta Fusari (5958, pari all’8,34%), Alberto Bova (1757, il 2.46%) e Andrea Firrincieli (473, appena lo 0,66%). Si parla di 8188 voti, l’11,46%. Fabbri può, sempre a livello aritmetico, aggiungere alla sua già altissima percentuale gli spiccioli che derivano da Gol di Francesco Rendine (722, l’1,01%) e da Ferrara Libera di Giorgio Massini (286, lo 0,4). La somma parla di un 49,85% che mette sicuramente paura al centrosinistra.

In ballo tra i due schieramenti ci sono i voti del decimato Movimento 5 Stelle. Le 5048 schede dei grillini (il 7,07%) possono rivelarsi decisivi. Ma Tommaso Mantovani ha già chiarito che il Movimento non darà indicazioni di voto. Facile ipotesi, per i pentastellati delusi, sarà l’astensionismo. Ma la parte che andrà a votare potrebbe favorire Modonesi.

La base storica del M5S, i Grilli estensi, hanno un’anima più orientata a sinistra che a destra. Lo prova il recente scollamento tra l’ultimo gruppo consiliare e i fedelissimi. Mentre la fazione più conservatrice ha già scelto al primo turno con chi stare: vedi Paolo Pennini candidato con Ferrara Cambia e Federico Soffritti in lista con Fratelli d’Italia.

Ma anche ipotizzando una per niente scontata mano tesa di una parte della base del Movimento, il divario tra i due candidati rimane troppo ampio.

Vero è che la storia dell’elezione diretta del sindaco, dal 1993 in poi, ha abituato a clamorosi colpi di scena. Esempio recente è l’allora sconosciuto Federico Pizzarotti, candidato cinquestelle, che nel 2012 rimontò 20 punti percentuali al candidato di centrosinitra. Allora però il parmense Vincenzo Bernazzoli partiva dal 39%, non dal 48 come Fabbri.

Fondamentale allora per Modonesi sarà tentare di far breccia sul secondo partito non pervenuto ai seggi, quello dell’astensione, che può contare su un bacino di 30.920 voti potenziali, il 28,50% del totale.

Impresa non facile, anzi quasi impossibile, visto che statisticamente il secondo turno lamenta sempre una affluenza inferiore a quella di due settimane prima. Va detto però che da oltre vent’anni a questa parte gran parte dell’astensionismo va di pari passo con la disaffezione dell’elettorato di sinistra per i progetti e, soprattutto, le scelte politiche di quelli che erano i suoi partiti di riferimento.

Lo confermano i dati storici delle elezioni comunali a Ferrara. A fronte dell’odierno 71,50% di votanti, cinque anni prima si toccò il 69.68% (77220 votanti su 110820). Nel 2009 il 67,36% (76.835 su 114.073). Nel 2004 l’82.37 % (95,111 su 115,473) e, man mano che si scava a ritroso nel tempo, troviamo percentuali di votanti sempre maggiori, con relativi risultati che premiavano la sinistra: l’81,89% nel 1999 (97.908 votanti su 119.566) e l’88,94% nel 1994 (108.989 su 122.539).

Percentuali e numeri che hanno accompagnato inesorabilmente il declino dei figli e figliastri della grande casa dei progressisti.

Ecco allora quale potrebbe essere la speranza di Modonesi, la pietra giusta alla sua fionda: non tanto convincere i nostalgici, gli ex elettori della ex sinistra, a tornare alle urne, quanto contare sul fatto che quel partito della dispersione sia spaventato da un eventuale governo locale a trazione leghista.

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