Cento
9 Febbraio 2019
Vergnani ha ammesso di aver effettuato controlli sui colleghi nel database, temendo che il suo superiore lasciasse cadere una segnalazione nei loro confronti

Carabiniere a processo parla di una ‘guerra interna’: “La mia vita diventata un inferno”

di Ruggero Veronese | 4 min

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Renazzo. È una storia di segreti, rivalità e ripicche incrociate tra i carabinieri della compagnia di Cento quella raccontata in tribunale da Sandro Vergnani, maresciallo dell’Arma ed ex comandante della stazione di Renazzo, accusato dal suo ex superiore Mattia Virgillo (fino all’agosto 2016 a capo della compagnia di Cento, ora a Novara, e che partecipa al processo come parte civile) di aver effettuato alcuni accessi abusivi al database informatico dei carabinieri per ottenere informazioni su tre colleghi (tra cui lo stesso Virgillo) e su un magistrato veneto che stava indagando sul suo conto.

Un’accusa che Virgillo ha ribadito anche in qualità di testimone durante l’udienza dello scorso ottobre, affermando che i rapporti personali tra Vergnani e altri militari della compagnia erano compromessi da quando il maresciallo di Renazzo aveva denunciato due colleghi alla procura militare di Verona, per fatti interni che tuttavia non arrivarono mai di fronte ai giudici.

Proprio su questi fatti si è però concentrato il racconto di ieri mattina (8 febbraio) di Vergnani in tribunale: il militare infatti ha ammesso di aver effettivamente effettuato dei controlli sul proprio superiore e su due colleghi, ma che lo fece più per una sorta di eccesso di zelo che per interesse personale. Voleva infatti verificare se Virgillo si fosse messo in moto dopo che proprio Vergnani lo aveva messo a conoscenza di una vicenda piuttosto opaca che coinvolgeva due carabinieri del nucleo radiomobile, preoccupato che la sua segnalazione potesse cadere nel dimenticatoio.

Di che vicenda parliamo? Vergnani, pur non utilizzando termini che implicano reati, racconta di aver appreso all’inizio del 2009 da una ragazza di Cento di “brutti comportamenti” e “atteggiamenti intimi” nei suoi confronti da parte di due carabinieri del nucleo radiomobile. Da quel momento si crea una sorta di ‘cortocircuito’ tra la dimensione ufficiale e quella ufficiosa della vicenda: da un lato infatti ci sono procedure, norme e gerarchie ben precise che regolano il comportamento dei militari. Ma sul fronte opposto ci sono anche rapporti di lavoro, di conoscenza personale e legami con il territorio e i cittadini che secondo Vergnani non possono essere completamente ignorati.

L’ex maresciallo di Renazzo infatti era uno degli unici militari della compagnia ad essere effettivamente originario e residente a Cento e la segnalazione della ragazza gli arrivò – sostiene in aula – anche in virtù del suo maggior contatto e conoscenza del territorio e della società civile. Vergani racconta però che dopo aver informato Virgillo delle accuse nei confronti dei due colleghi, “la mia vita si è trasformata in un inferno. Il comandante della compagnia mi ha denunciato quattro volte nel giro di sei mesi, per accuse da cui sono sempre stato assolto. Vere o false che fossero le rivelazioni della donna, di sicuro erano molto pesanti. Scrissi una relazione di servizio spiegando il racconto di questa signora e l’ho consegnata a mano a Virgillo nel luglio 2009”.

Dopo quel momento si concludono i compiti ‘ufficiali’ di Vergnani, che tuttavia qualche mese dopo torna a interessarsi privatamente della vicenda ed effettua alcuni controlli su Virgillo e i due colleghi del nucleo radiomobile nel database dello Sdi, la banca dati delle forza di polizia, per verificare se avessero condanne passate o procedimenti aperti in corso.

“Dopo che ho fatto le denunce non si è mosso niente. È vero che ho effettuato dei controlli sul capitano Virgillo, perché volevo capire se in passato era stato indagato per omissioni di denunce e atti di ufficio o altri fatti analoghi”. Un punto su cui il maresciallo insiste anche quando l’avvocato di parte civile sottolinea che “nel momento in cui ha portato la segnalazione al capitano, la sua attività investigativa si considerava conclusa”, con Vergnani a replicare che “infatti l’accesso non era in relazione a quanto segnalato dalla donna, ma a una possibile omissione di denuncia da parte del comandante della compagnia”.

Vergnani nega invece di aver utilizzato lo Sdi anche per cercare informazioni su un magistrato veneto, che indagava sul suo conto per l’ipotesi di lesioni, e afferma addirittura che il suo computer a Renazzo fu violato da qualcuno che si introdusse nel suo ufficio mentre era di pattuglia insieme a un altro collega, come sarebbe dimostrato dagli atti della stazione dei carabinieri prodotti dalla difesa del carabiniere. “Dopo tre assoluzioni nei miei confronti – è stato lo sfogo dell’ex maresciallo – ho iniziato a lamentarmi anche con gli altri superiori, a dire ‘ma vi rendete conto che qua c’è qualcuno che ce l’ha con me?’ Dieci anni di processi per un maresciallo dei carabinieri sono devastanti per quanto riguarda la famiglia, la carriera e le finanze. Ma io non mollo, perchè quello che mi è successo è assurdo”.

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