Attualità
12 Gennaio 2018
Prime applicazioni a Ferrara. Il professor Zamboni illustra la ricerca finanziata dal Rotary Club: “Un primo passo verso una risposta rapida”

Alzheimer, la soluzione dagli studi nello spazio

di Redazione | 2 min

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E’ un primo passo verso l’individuazione di una soluzione contro l’Alzheimer. Ed è stato partorito “dopo il programma della missione nello spazio compiuta da Samantha Cristoforetti” nel 2015, come illustra il professor Paolo Zamboni durante la serata ospitata giovedì sera dal Rotary Club, esclusivo finanziatore della ricerca che a breve inizierà ad essere applicata ai primi casi affetti dalla malattia neurodegenerativa più allarmante del mondo.

“E’ una situazione di emergenza” infatti, quella che l’Alzheimer e le malattie cognitive costituiscono a giudicare dalle statistiche, che delineano “l’alta probabilità che nel 2030 ogni famiglia possieda almeno una persona affetta da questi disturbi”. E gli studi applicativi “sono pochissimi – illustra il professor Zamboni – nel senso che ci sono tanti progetti che per essere applicati dovrebbero aspettare decenni”. Ne è un esempio “l’ipotesi vascolare, su cui sono tutti d’accordo”, ma per la quale “non esiste un modello di screening poco costoso e con tempi proponibili”.

Ecco che si fa avanti allora il sistema di monitoraggio della circolazione cerebrale, che il professor Zamboni aveva applicato durante il progetto Cristoforetti per monitorare, appunto, la circolazione cerebrale in orbita. “Questo sistema consente di rilevare almeno una ventina di parametri – spiega – che riportano il livello di sincronismo tra cuore e cervello”.

Già da sei mesi il sistema ha cominciato a essere applicato su una porzione di popolazione tra i 50 e i 75 anni completamente priva di disturbi, e a breve lo stesso monitoraggio inizierà presso l’ospedale Sant’Anna, assieme a un’equipe di geriatri, applicato a pazienti nel cosiddetto ‘middle cognitive impirement’ (letteralmente ‘deterioramento cognitivo lieve’) e cioè, per esempio, “con i primi accenni di perdita di memoria sul lavoro” e sui veri e propri casi iniziali di Alzheimer.

L’obiettivo è quello di rilevare il gap tra i parametri rilevati sulle persone prive di disturbi e quelle con le prime affezioni in modo da mirare a una prima focalizzazione del fattore discriminante. “Non posso prevedere quello che troveremo – afferma Zamboni – ma – alla luce anche del recente abbandono della casa farmaceutica Pfizer delle sue ricerche sull’Alzheimer perché troppo costose – questa vuole sicuramente essere un tentativo di risposta rapida”.

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