Cronaca
6 Dicembre 2017
Due ore e mezzo di requisitoria del pm Longhi. Mercoledì le arringhe difensive

Processo Carife, chiesto il rinvio a giudizio per i 12 imputati

di Daniele Oppo | 3 min

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Rinvio a giudizio per tutti i dodici imputati. È questa la richiesta che il pm Stefano Longhi ha indirizzato al gup Piera Tassoni dopo una lunga requisitoria nell’udienza preliminare per il processo sull’aumento di capitale da 150 milioni effettuato da Carife del 2011.

Durante le prime battute, fuori dal tribunale c’era anche una piccola rappresentanza dei risparmiatori Carife, che ha appeso uno striscione poi fatto rimuovere. La requisitoria di Longhi è stata preceduta da un’introduzione effettuata dal procuratore capo facente funzioni, Patrizia Castaldini, che ha spiegato l’importanza di un simile processo dati i risvolti sociali, prima che economici, che la vicenda Carife ha avuto per Ferrara.

Il gup, preliminarmente, ha respinto le eccezioni presentate durante la scorsa udienza dall’avvocato Dario Bolognesi – difensore di Davide Filippini e Michele Sette (rispettivamente responsabili delle allora direzioni Bilancio e Finanze di Carife) – sulla brevità dei termini concessi per studiare il fascicolo durante le indagini preliminari e sull’utilizzabilità degli atti depositati dopo l’invio del 415bis.

Longhi, prima di chiedere il rinvio a giudizio, ha ripercorso le complicatissime indagini svolte dalla procura cittadina evidenziando tutti gli elementi di prova a carico dei dodici imputati: gli ex vertici di Carife Daniele Forin, Sergio Lenzi, Davide Filippini, Michele Sette, Paolo Govoni, Teodorico Nanni; poi Michele Masini della società di revisione Deloitte & Touche; Ezio Soardi e Spartaco Gafforini di Banca Valsabbina; Germano Lucchi, Adriano Gentili e Maurizio Teodorani di CariCesena.

Le accuse, lo ricordiamo, sono quelle di formazione fittizia di capitale (operata dalle banche con sottoscrizioni reciproche abbastanza complesse), falso in prospetto, aggiotaggio, ostacolo alla vigilanza e, infine, come conseguenza della formazione fittizia del capitale, la bancarotta fraudolenta.

Il pm – anche sulla scorta delle consulenze depositate da procura e difese nella scorsa udienza – si è concentrato in maniera particolare sulla sottoscrizione reciproca delle azioni e la formazione fittizia del capitale da parte di Carife. Se le difese sostengono per inquadrare l’azione come reato serva dimostrare una certa correlazione temporale tra le sottoscrizioni, il pm ha spiegato che l’intento della norma è quello di garantire l’effettività del capitale e che la contestualità dello scambio di sottoscrizioni passa in secondo piano davanti alla dimostrazione che esso sia stato effettuato intenzionalmente con lo scopo di aumentare fittiziamente il capitale.

Il pubblico ministero ha evidenziato anche come il piano operativo approvato dalla banca sia stato diverso da quello poi effettivamente consegnato alla Banca d’Italia, evidenziando così l’intenzione di ostacolare l’attività di vigilanza degli enti preposti, mascherano la difficoltà nel raggiungere l’importo fissato per l’aumento di capitale.

Le parti civili – che dovrebbero essere più di 1.300 in questo momento – si sono sostanzialmente accodate alle conclusioni del pm, così come Bankitalia e Consob che si sono ritagliate un intervento minimo per aggiungere qualche dettaglio su come sia maturato l’ostacolo alla vigilanza.

Il processo continuerà mercoledì con le arringhe difensive: i primi a prendere la parola saranno gli avvocati Dario Bolognesi e Giovanni Briola (codifensorei di Filippini e Sette).

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