Politica
5 Ottobre 2017
Intervista a Barbara Paron: “Chi non rispetta il documento restituisca la tessera del partito”

Pd, la proposta. Un ‘precontratto’ per evitare altre Codigoro

di Marco Zavagli | 5 min

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Chissà quanti dei circa 400mila iscritti al Partito democratico si ricordano del primo articolo del Codice etico approvato dall’assemblea costituente del Pd dieci anni, nell’anno di fondazione.

In un recente editoriale abbiamo parlato delle contraddizioni interne dei ‘dem’ prendendo come esempio due comuni ferraresi, Vigarano Mainarda e Codigoro. Entrambi retti da giunte Pd, ma agli antipodi tra loro rispetto ai messaggi su bene comune, giustizia sociale, convivenza.

Sindaco Barbara Paron, di esempi eclatanti come quello della sua collega Zanardi ce ne sarebbero a iosa. Nel caso di Codigoro ci fu una riprovazione a livello nazionale. Ricordo un diktat, caduto nel vuoto, di Tagliani sull’argomento: “o io o lei dentro al partito”. Poi, come sempre, dentro al partito si è sentito tutto e il contrario di tutto, dal cilicio preferibile ai tacchi a spillo della Binetti (che però lasciò il Pd dopo essere stata rieletta in senato) allo stupro che è più inaccettabile se compiuto da profughi di serracchiana memoria.

Il Pd è un partito che sta per festeggiare i suoi primi 10 anni. Converrà con me che politicamente è un neonato. È venuto al mondo con un’idea ambiziosa, quello di riformare l’Italia e aggregare i moderati di centro sinistra su un progetto innovativo che mi ha convinta, così ho deciso di prendere la prima tessera di partito della mia vita e ne sono diventata, da subito, il segretario di circolo. Unire due sensibilità diverse come Ds e Margherita era già di per sé una bella sfida. Durante questo percorso, che ripeto, è appena cominciato, bisogna avere pazienza perché, proprio come genitori che crescono i loro figli, noi stiamo crescendo persone e idee. C’è chi ha definito il Pd una ditta, chi una squadra, io credo che sia una comunità complicata, in cui convivono persone che non hanno tutte la stessa completa convinzione sul progetto complessivo.

Sicuramente è una comunità complicata, ma come è possibile conciliare pensieri e atti tanto difformi? Penso alla via intitolata a Pino Rauti a Cardinale, in provincia di Catanzaro, dove la giunta ha potuto godere del voto di un assessore del Partito democratico. Oppure al palco concesso a Pro Vita alla Festa dell’Unità di Roma, o ancora all’ex segretaria del Pd di un circolo di Catania, che alle elezioni regionali sosterrà Musumeci, candidato che proviene dal Movimento sociale…

La coerenza vorrebbe che chi non intende rispettare gli indirizzi e le linee che il partito, attraverso gli strumenti democratici, ha adottato, dovrebbe innanzitutto discuterne nelle sedi opportune prima di prendere decisioni troppo diverse da quegli indirizzi e quelle linee a cui si è aderito. Qualora la posizione resti profondamente diversa, come nei casi presi ad esempio, dovrebbe emergere la diligenza media che imporrebbe la restituzione della tessera. Da tempo sostengo che sia arrivato il momento di dotarsi di un documento molto sintetico che elenchi quali siano i requisiti per poter ottenere e conservare la tessera del Pd e quali siano i casi in cui se ne preveda la restituzione, documento che dovrebbe essere consegnato al momento della sottoscrizione.

Faccio notare che dieci anni fa, quando si tenne a battesimo il nuovo soggetto politico, venne pubblicato un Manifesto del Partito democratico e, successivamente, il Pd si è dotato di uno statuto. Esiste poi, come già accennato, un Codice etico che, tra l’altro, all’articolo 2 richiama l’impegno a far sì che “le differenze non siano ostacolo alla partecipazione ma opportunità di dialogo e di crescita, e perché i diritti e le libertà si impongano sul razzismo e sulla violenza” e al contrasto a “ogni forma di discriminazione nel nome dell’uguaglianza sostanziale”. Però, vista l’agilità nel disattendere i principi, l’idea di un “precontratto matrimoniale” mi sembra interessante. Non si corre però il rischio di essere tacciati di bolscevismo?

Qualsiasi accordo si basa su regole che se vengono disattese ne portano alla risoluzione. Un partito è qualcosa di più ha un valore molto più alto, quindi per essere credibile necessita di maggior rigore. La democrazia è fatta di regole ed è un sistema di governo che in Italia si fa fatica ad applicare a tutti i livelli… ciò che vedo ogni giorno, dentro e fuori dal Pd, è un approccio alla vita e alla società che sta diventando sempre più anarchico ed ha, alla base, la massimizzazione dell’interesse individuale.

Di recente Castagnetti, in vista del decimo compleanno del Pd del 14 ottobre, ha ammesso che “volevamo fare un partito contemporaneo, post-ideologico ma non a-valoriale, aperto, europeo. Ci siamo riusciti solo in parte”. Tra le ragioni della promessa mantenuta a metà sostiene il fatto che “la nostra gente era pronta da anni, sin dai tempi dell’Ulivo, ma i gruppi dirigenti non lo erano”.

Il Pd ha intrinsecamente contenuta nel suo nome la sua identità democratica e progressista. La battaglia per far diventare l’Italia un Paese più equo e credibile passa proprio da questi cambiamenti che prevedono un cambiamento di cultura fatta di coerenza, di rispetto delle regole, di politica fatta in maniera propositiva e non negativa. È un lavoro che parte da ogni singolo e dalla bontà delle sue interazioni con il resto della società. Come dico ai miei figli: se l’idea di comunità che hai in testa è un po’ meno cinica e ingiusta di quella che scontiamo ogni giorno, non è tuo diritto pretenderla, ma tuo dovere attuarla, come se fosse quella e non questa la società in cui viviamo.

Quindi c’è da festeggiare il 14 ottobre?

Gli anniversari servono a focalizzare cosa ha funzionato e cosa è andato storto per capire come procedere in futuro. Sono stati 10 anni complicati, questo è certo, ed io non sono molto brava a dare giudizi su altri, sono già abbastanza crudele con me stessa…

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