Cronaca
5 Aprile 2017
Due aziende, una ortofrutticola e una di trasporto merci, sequestrate durante un'imponente blitz partito da Reggio Calabria contro la potente cosca Pesce

I tentacoli della ‘Ndrangheta anche nel Ferrarese

di Redazione | 4 min

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Facevano affari anche nel Ferrarese gli elementi di vertice della potente cosca “Pesce” della ‘Ndrangheta arrestati in mattinata in una vastissima operazione di polizia su ordine della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria.

In tutto sono dodici le persone colpite dal provvedimento restrittivo e svariate le attività poste sotto sequestro, due anche a Ferrara a opera della squadra mobile estense che ha collaborato all’operazione. Uomini e mezzi imprenditoriali per coprire e arricchire la cosca durante il periodo di latitanza del boss Marcello Pesce, arrestato a dicembre, facendogli acquisire il monopolio del trasporto su gomma di prodotti ortofrutticoli nella provincia di Rosarno, con tentacoli anche nel nostro territorio.

In particolare, nel Ferrarese, gli interventi si sono verificati a carico dell’azienda agricola Le Tre Stagioni Srl di Morillo Velazquez Joel, con sede a San Ferdinando (RC) ma sede secondaria a Ferrara, dove era attiva nel commercio all’ingrosso di frutta e ortaggi freschi, considerata nella reale disponibilità di Marcello e Rocco Pesce (31 anni, arrestato durante il blitz); e della Trans-Log Trasporti Nazionali e Internazionali di Armeli Rosario, con sede legale a Rosarno (RC) e sede secondaria in Ferrara, anche questa considerata nella reale disponibilità di Marcello e Rocco Pesce, oltre che di Filippo Scordino, 42 anni, e Bruno Stilo, 51 anni (anche questi ultimi due arrestati martedì).

Il blitz è frutto di una complessa ed articolata attività di indagine condotta dal servizio centrale operativo della Direzione Centrale Anticrimine della Polizia di Stato e dalla squadra mobile  di Reggio Calabria, volta alla cattura di Marcello Pesce, 53 anni, noto come “U Ballerinu”, arrestato a Rosarno a dicembre dello scorso anno dopo più di sei anni di ricerche e condannato, con sentenza della Corte di Appello di Reggio Calabria, a 16 anni e 2 mesi di reclusione per associazione mafiosa ed intestazione fittizia di beni (Operazione “All Inside”), confermata, in via definitiva, proprio recentemente dalla Suprema Corte di Cassazione.

Le indagini, supportate da numerosi presidi tecnologici, hanno consentito di individuare la rete dei soggetti che, per anni, ha protetto la latitanza di Marcello Pesce, permettendo allo stesso di continuare a giocare un ruolo importantissimo nel panorama ‘ndranghetistico della fascia tirrenica della provincia calabrese, ma anche di ricostruire l’operatività di gran parte del gruppo di soggetti a lui facenti capo e le numerose attività economiche riconducibili al sodalizio.

Dal punto di vista temporale, le investigazioni abbracciano il periodo che va dall’inizio del 2015 al giorno della cattura del latitante, sorpreso all’interno di un’abitazione nel centro del suo paese d’origine, nella disponibilità di Salvatore Figliuzzi, 62 anni, e del figlio Pasquale (41 anni), i quali, arrestati in flagranza di reato per favoreggiamento aggravato, hanno subito patteggiato la pena.

Le condotte di aiuto dei sodali, secondo le risultanze investigative, si sono concretizzate nella messa a disposizione di quanto necessario alla protrazione dello stato di latitanza del boss, alla sua assistenza morale e materiale e alla creazione, a tal fine, di una rete di supporto e di tutela, così come avvenuto con l’effettuazione delle c.d. staffette dirette ad evitare l’intervento delle forze dell’ordine sia all’atto dei vari spostamenti del latitante e sia quando i sodali, i familiari e/o terzi soggetti si recavano presso i vari covi e nel procurare appuntamenti con soggetti terzi e garantire gli incontri tra il latitante e i complici.

La vasta piattaforma tecnica messa in piedi tramite molteplici intercettazioni telefoniche, ambientali, telematiche e di videosorveglianza – congiuntamente a tradizionali attività di riscontro sul territorio – ha consentito di far luce sulle condotte criminali poste in essere dal gruppo facente capo a Pesce e, più in generale, all’intera cosca omonima, con particolare riferimento al monopolio forzoso del settore del trasporto merci su gomma di prodotti ortofrutticoli per conto terzi, alle intestazioni fittizie di beni (finalizzate ad evitare i provvedimenti ablatori) e al traffico degli stupefacenti.

Per cui l’attivismo criminale della cosca non si è limitato al settore degli stupefacenti o all’intestazione fittizia in funzione della protezione dei beni della cosca, ma si era allargato soprattutto alle attività di illecita mediazione nel settore dei trasporti merce per conto terzi, ormai di competenza dell’articolazione della cosca.

Centrale in tutti questi ambiti era anche la figura di Filippo Scordino – considerato luogotenente di Pesce e persona di estrema fiducia del figlio Rocco – che è risultato il principale gestore della c.d. “Agenzia di Rosarno”, ovvero l’agenzia di mediazione dei trasporti merci su gomma attraverso la quale il settore è stato monopolizzato dal boss.

Gli altri arrestati sono Antonino Pesce (25 anni),  Carmelo Garruzzo (46 anni), Michelangelo Raso (36 anni), Rosario Armeli (34 anni), Michelino Mangiaruga (38 anni), Giosafatte Giuseppe Elia (43 anni), Consolato Salvatore Coppola (49 anni) e Antonio Cimato (33 anni).

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