Spettacoli
14 Febbraio 2016
“Più che una sala da musica, questa è una sala da prosa”. Il maestro al Teatro Nuovo cambia la scaletta in corsa e il pubblico capisce la scelta

Uto Ughi, il bastone e la carota

di Redazione | 3 min

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Un po’ era prevedibile. La preoccupazione di Uto Ughi c’era già durante l’intervista, rilasciata al nostro giornale una settimana fa. Tra i talenti più straordinari al violino, il Maestro si era subito preoccupato di una cosa: “Come suona il teatro Nuovo? Cosa diceva di questo teatro Claudio Abbado? Com’è l’acustica?”. Al tempo, avevo cercato il più possibile di glissare la sua preoccupazione. Che puntualmente si è presentata stasera.

Non subito, però. Il concerto prevedeva infatti una selezione di pezzi emblematici per violino, con accompagnamento al pianoforte, appositamente scelta dalla tradizione violinistica per il pubblico ferrarese da Uto Ughi. In scaletta, abbiamo: prima parte con Ciaccona in Sol minore di Vitali e Sonata a Kreutzer di Beethoven; seconda parte con fantasia sul Faust di Gounod di Wieniavsky, Havanaise di Saint Saens ed infine, sempre del compositore francese, Rondo capriccioso.

Uto Ughi imbraccia il suo violino e parte, accompagnato dal pianista Alessandro Specchi. L’archetto si muove in mille direzioni, un vortice che colpo dopo colpo, pennellata dopo pennellata, tocco dopo tocco, cerca in tutti i modi di rendere al meglio i suoni che con precisione il Maestro cerca, indaga, protende al pubblico. Finisce il primo brano, si tocca il viso. Esce dal palcoscenico.

Ritorna, fa un inchino, riprende. È molto silenzioso. Ricomincia col secondo brano, il pianista gli sta dietro, lo rincorre. Il ragazzo che gira le pagine al pianista è colto dalla tensione, si dimentica di girare le pagine. Uto Ughi esce nuovamente dal palcoscenico, poi ritorna. Prende un microfono, esclama secco: “Più che una sala da musica, questa è una sala da prosa”. Un attimo di silenzio, poi continua. “Per questo, ho deciso di cambiare il programma, e procedere con dei brani tratti dalla Carmen”.

Uto Ughi fissa il pubblico ferrarese, che continua applaudirlo. Capisce la sua scelta. E in un attimo, compreso e incitato, il suo viso sembra rilassarsi, così inizia a raccontare. “La Carmen è l’opera più eseguita al mondo. Al tempo della prima fu un fiasco totale, tanto che per molto tempo Georges Bizet non venne capito. È capitato spesso a tantissime opere ora famose”. Il Maestro sottolinea come questi brani fossero stati pensati inizialmente per l’opera vocale. “Pablo de Sarasate, il Paganini spagnolo, trascrisse la musica dell’opera per gli strumenti. Lo sapete perché? Per portarli nelle province. I teatri di provincia non potevano permettersi l’opera completa, ma il violinista che suonava l’opera sì. E la gente era contenta ugualmente”.

Arriva il momento del bis, dove Uto Ughi non si contiene e chiede, sorridente, direttamente al pubblico cosa voglia ascoltare. “Sarasate ancora? Volete farmi morire? No, vi propongo Antonio Bazzini, lo conoscete? Fu un allievo – o meglio, uno tra i pochissimi allievi – di Paganini, che da buon genovese si teneva tutto per sé” commenta il violinista, scherzando col pubblico del teatro Nuovo. Passa poi proprio a lui, concludendo lo spettacolo con il grande Paganini.

“Aveva sempre idee originali – dice Uto Ughi riferendosi al compositore genovese – tanto che Franz Schubert andò a sentirlo. Nonostante fosse il più grande, era anche il più povero, così spese tutti i soldi per il biglietto del concerto. E Paganini chiedeva tanto, perché appunto era genovese. Ma Schubert decise comunque di andare: ‘ho sentito cantare un angelo’ sono state le sue parole riferite alla musica di Paganini”. Lo stesso che ha provato a tirare fuori dal suo violino Uto Ughi per due ore a Ferrara, per i ferraresi. Il bastone e la carota, il Maestro Ughi e i suoi insegnamenti.

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