Finisce con l’ultimo pronunciamento della Cassazione una triste vicenda familiare avvenuta in provincia di Ferrara. Dopo esser stato prosciolto dall’accusa di abusi sessuali sui suoi figli, ha cercato di far rispondere di quelle accuse non provate chi l’aveva querelato. E a querelarlo era stata l’ex moglie, dopo che aveva notato comportamenti strani nei suoi figli e dopo che le avevano confidato di “giochi strani” che il papà e il nonno facevano con loro.
La denuncia per violenza sessuale pluriaggravata risale all’agosto del 2009. La pm Angela Scorza chiede e ottiene dal gip un perizia psicologica sui minori, per capire se possono testimoniare dei presunti abusi subiti. Il perito fornisce parere negativo: i bimbi non possono testimoniare, troppo forte sarebbe il trauma e le loro dichiarazioni non sarebbero attendibili.
Viene disposta anche una perquisizione nella casa del padre e del nonno, coindagato, ma non viene trovato nulla di utile alle indagini. In mancanza quindi di altri indizi, se non la denuncia della madre, il procedimento viene archiviato nel settembre 2010.
Il padre però non ci sta: “per un anno – dice oggi – mi è stato impedito di vedere i miei figli, ho speso 60mila euro per dimostrare la mia innocenza e volevo che mi aveva messo in queste situazioni pagasse”.
Parte così nell’aprile dello stesso anno la querela per calunnia dell’uomo nei confronti dell’ex moglie. A supporto dell’accusa porta le dichiarazioni in parte contraddittorie che la donna avrebbe fatto davanti all’assistente sociale prima e davanti al pm poi. Ma anche qui non ci sono prove a fondamento della querela, che viene a sua volta archiviata nell’ottobre 2011. A febbraio del 2012 l’avocato del padre fa opposizione e il caso passa alla Cassazione.
Ora la parola fine della Suprema Corte: la VI sezione penale ha rigettato il ricorso dell’uomo.
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