Cronaca
16 Luglio 2011
L’ex sindaco di Ferrara testimone al processo per il crac Coopcostruttori

Soffritti e la Spal: “Donigaglia non poteva dire di no”

di Marco Zavagli | 4 min

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“Non poteva dire di no”. La conferma arriva dalle aule del tribunale, dove si tiene il processo Coopcostruttori. Fu l’allora sindaco Roberto Soffritti a proporre a Giovanni Donigaglia l’acquisto della Spal. Correva l’anno 1990 e la storica Società Polisportiva Ars et Labor ottenne il secondo peggior risultato della sua storia con il decimo posto in serie C2. “La Spal andava salvata e chiesi a Donigaglia di rilevarla. Non avrebbe potuto dire di no”, ribadisce Soffritti sentito come testimone della difesa.

Dura poco più di un’ora la deposizione del “Duca”, per 16 anni ininterrotti – dal 1983 al 1999 – sullo scranno più alto del municipio, padre – e per alcuni “padrone” – della politica locale fino alla fine degli anni ’90. Soffritti, oggi 70enne, abbandonò gli epigoni di Berlinguer nel 2001, quando lasciò i Ds con in tasca la nomina a presidente Fer e si iscrisse al Pdci. In poco tempo, nel partito diviso e conteso dalla diarchia Diliberto-Cossutta, salì i gradini della gerarchia interna fino a conquistarsi una prima fila tra i candidati per la Camera dei Deputati nel 2006 nella circoscrizione XI (Emilia-Romagna). Ma una volta salito a Montecitorio il tempo non giocò a suo favore e, a causa della risicata maggioranza su cui poggiava il secondo governo Prodi, vi restò appena due anni. Oggi è tesoriere nazionale del Pdci e presidente del cda di Metronapoli, la società del Comune di Napoli che gestisce il trasporto su ferro.

Le storie di Soffritti e Donigaglia si sono intrecciate più volte, a partire da importanti appalti pubblici (“geotermia, restauro delle mura estensi…” come elenca lo stesso ex parlamentare davanti ai giudici, “e Cona”, come aggiunge l’avvocato di parte civile Carmelo Marcello prima di essere interrotto dall’opposizione dei colleghi delle difese) fino appunto all’acquisto della Spal. Proseguiranno poi con la stessa ‘affinità elettiva’ nell’ambito del Pdci. Dall’esame del teste non è dato sapere se Donigaglia prese la tessera (per Ricci Maccarini – per il quale ne era già pronta una nel circolo di Argenta – scoppiò una bufera dopo l’estate del 2006), ma è proprio l’ex patron della Coopcostruttori a dirimere ogni dubbio: “volete sapere cosa voto? – sbotta in aula durante l’esame di Soffritti – Sono sempre stato comunista, voto per i comunisti italiani”.

Ma di questo filo rosso che legava due degli uomini più in vista della Ferrara anni ’90 ai giudici interessa il capitolo Spal. Una squadra di calcio con il suo seguito rappresenta una vetrina per un’amministrazione. “E la Spal andava salvata”, spiega Soffritti. Prima di avvicinare Donigaglia si consultò con i “compagni” più in vista del partito (era ancora il Pci). “Non si trovò successivamente in imbarazzo con i vertici del suo partito?” chiede con apparente ingenuità l’avvocato Gabriella Azzalli. “No, ero io il vertice del partito”. “Non era la cooperativa ad aver bisogno della Spal per consolidare il proprio fatturato – prosegue l’ex sindaco -, perché era già molto forte. E comunque il salvataggio della Spal fu sicuramente meno oneroso di quello della Cei (cooperativa di Ferrara con 800 dipendenti fallita nell’87, ndr)”.

Eppure, secondo la procura, quel salvataggio costò negli anni (Donigaglia, a parte una breve parentesi nel ’96, rimarrà in sella fino al 2002) qualcosa come 38 milioni e mezzo di euro. Dopo il paragone fatto da Soffritti tra cooperativa e Spal come Fiat e Juventus, viene spontanea la domanda dell’avvocato Marcello: “la fabbrica di Torino può sperare di invogliare i suoi tifosi a comprare le proprie auto, ma la Coopcostruttori cosa poteva aspettarsi?”.

“Appalti” è la risposta che probabilmente volevano sentirsi dire i legali di parte civile, tanto che l’avvocato Claudio Maruzzi torna alla carica chiedendo del famoso patto Soffritti-Cristofori (Nino Cristofori, ex braccio destro di Andreotti era il punto di riferimento della Dc a Ferrara), riesumato da Donigaglia in un’intervista datata 1995. Alla stampa locale il presidente parlò di un patto per lo sviluppo tra i maggiori esponenti ferraresi di Pci, Psi e Dc: i lavori pubblici nel territorio di Ferrara dovevano andare alle imprese di Ferrara.

Ma gli avvocati rimarranno delusi. “La Coopcostruttori non ottenne vantaggi dall’acquisto della Spal. Chiunque si occupasse di Spal aveva un ritorno di immagine” è quanto concede come smentita Soffritti. Che, a scanso di equivoci, aggiunge che “gli appalti erano assegnati solo sulla base di requisiti tecnici”, non sportivi.

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