Cronaca
11 Giugno 2011
L’avvocato Trombini: “Ci crediamo ancora di più di prima”

Aldrovandi, la difesa ricorrerà in Cassazione

di Marco Zavagli | 2 min

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Che ne è oggi della libertà di stampa?

Una mattinata intensa, fatta di riflessioni, scambi accesi e una domanda di fondo: che ne è oggi della libertà di stampa? È attorno a questo interrogativo che si è sviluppato il convegno organizzato dall’Associazione Stampa Ferrara in occasione dei suoi 130 anni, con l’evento “Le tante facce della giustizia e dell’informazione: libertà di stampa tra diritti/doveri, poteri e responsabilità”

“Prima o poi verrà a galla la verità. Che non è quella che è stata confermata oggi”. È il commento secco dell’avvocato Michela Vecchi all’uscita dall’aula dopo la lettura della sentenza di Appello che ha confermato le condanne ai quattro poliziotti.

“Leggerò le motivazioni della sentenza”, le fa eco il collega Giovanni Trombini, che assicura come “ci crediamo ancora di più di prima e ricorreremo in Cassazione”.

Scuro in volto anche l’avvocato Gabriele Bordoni: “quello che dovevo dire l’ho già detto in aula”. Il riferimento è alla sua arringa difensiva tenuta in mattinata in chiusura della fase della discussione.

In poco più di un’ora Bordoni ha enucleato i motivi per i quali chiedeva l’assoluzione del suo assistito, Paolo Forlani.

A partire dall’esiguo arco temporale in cui si incardina l’imputazione: “la vicenda, per quello che riguarda il capo di imputazione di Forlani, intervenuto solo dopo la prima colluttazione, si consuma in cinque minuti: dalle 6.04 alle 6.08/6.09”.

E quando Forlani arriva in via Ippodromo, “era già stato sollecitato l’invio di un’ambulanza e la chiamata verrà reiterata”.  È il 118 che “indugia una quindicina di minuti prima di arrivare sul posto e questo non è imputabile ai poliziotti”.

Il penalista fa presente che “fu Aldrovandi a raggiungere i poliziotti davanti al cancello di via Ippodromo e a prodursi in una sforbiciata. Non si può negare che in quel momento ci fosse nella mente di Federico uno sconvolgimento assoluto. Altrimenti sarebbe scappato verso il parchetto, la cui via di fuga era protetta da paracarri e quindi non inseguibile da parte della polizia”.

Quanto alle lesioni (il cui “quadro lesivo è poco significativo”), “sono tutte compatibili con l’uso dello sfollagente”, il cui utilizzo “è prescritto dai protocolli e nelle regole paradigmatiche dell’agire della polizia”.

Al professor Thiene invece, l’avvocato risponde a sua volta con una massima: “il consulente di parte risolve il processo esaminando due elementi fotografici e dicendo che si vede quel che si sa. Io credo invece che si vede quel che si vede. E i periti della procura toccarono con mano i reperti autoptici”.

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