Quel campo andava chiuso, superato. Ma non in quel modo. A pochi giorni dall’udienza del processo per le modalità di sgombero del campo nomadi che ha visto la procura chiedere la condanna a un anno di reclusione per Nicola Naomo Lodi per usurpazione di pubbliche funzioni, Domenico Bedin, presidente di Viale K, racconta una parte della vicenda ancora sconosciuta.
“Tutto si è concluso con la demolizione-spettacolo del campo nomadi di via delle Bonifiche da parte dell’allora vicesindaco Nicola Lodi – ricorda Bedin -. Ma tutto iniziò con la bestemmia urlata dallo stesso Lodi e da altri che ancora sono in consiglio comunale, ‘più rum meno Rom’”.
A dirla tutta di bestemmie – questa volta contro la Madonna– ce ne fu un’altra, tanto sonora da fare il giro del web e da costringere Lodi a scuse pubbliche, ma questa è un’altra storia.
“Si minacciavano gli zingari perchè sloggiassero – riprende Bedin – Ma non erano rom e/o stranieri, erano sinti ferraresi con tanto di residenza e con i figli che andavano a scuola”.
Infatti le 13 famiglie che vi vivevano (circa 45 persone) erano tutte di nazionalità italiana e molti avevano già fatto richiesta per un alloggio pubblico.
Bedin ricorda che “per mandarli via Lodi propose loro dei soldi ad ogni famiglia. Anche questo non funzionò perchè non sapevano dove andare. Ma ormai la locomotiva dell’arroganza dei neoeletti non poteva arretrare. Pensarono allo sgombero d’urgenza per motivi di sicurezza e igienico-sanitaria. Effettivamente il campo era in condizioni pietose”.
E qui serviva il placet del prefetto, che convocò il Comune, i Vigili del Fuoco, l’Ausl, le forze dell’ordine e il volontariato.
“Il comandante dei Vigili del Fuoco e il responsabile dell’Ausl – continua la versione di Bedin – dissero che effettivamente, pur trovando tante criticità si poteva rimandare lo sgombero d’urgenza a patto che si intervenisse a sistemare gli impianti e a sanificare i bagni e togliere gli ingombranti presenti nel campo e nei dintorni”.
Estense.com al tempo chiese un accesso agli atti per ottenere le relazioni di VVF e Auls. Il comandante di allora di Via Verga non rispose. L’Ausl consegnò al nostro giornale un documento che conferma le parole dell’ex sacerdote.
Nel corso di quella riunione in Prefettura (siamo nel 2019) Bedin intervenne per dire che “con molti volontari e coinvolgendo le famiglie Sinti si poteva fare il lavoro. Bastava una settimana. La nuova Amministrazione avrebbe avuto il tempo poi di chiudere il campo trovando collocazioni adatte nei mesi successivi. Effettivamente il campo andava chiuso. Quasi tutte le famiglie avevano da tempo fatto domanda per una casa popolare”.
Il prefetto di allora, Michele Campanaro, “indeciso – come lo descrive Bedin -, dopo questi interventi, si stava orientando verso questa soluzione che avevamo prospettato e per la quale ci impegnavamo: dare tempo perchè il trasferimento non diventasse uno sgombero traumatico”.
Ecco allora cosa sarebbe accaduto: “Lodi, seduto a fianco del Prefetto, si alzò di scatto e avvertì che avrebbe chiamato al cellulare il Ministro dell’Interno Salvini”. Cosa accadde? “Il Prefetto immediatamente decretò lo sgombero d’urgenza”.
La storia successiva è nota: “Le famiglie furono trasferite in alloggi di emergenza per alcuni mesi spendendo molti soldi pubblici e poi furono dati loro appartamenti di edilizia pubblica saltando le graduatorie”.
Infine Lodi mise in scena “lo spettacolo infame della ruspa”. “Ho ancora davanti agli occhi i bambini che assistettero allo scempio – sospira Bedin -. Dalle casine che venivano fracassate schizzavano fuori peluche, indumenti e altre cose personali… si umiliava un gruppetto di persone povere ed indifese mettendo a nudo e facendo spettacolo della loro miseria”.
Bedin rivela che aveva comprato una casa di legno del campo “per dare un contributo alla famiglia prima che fosse distrutta e stavo smontandola per trasferirla. Anche questa venne maciullata dai cingoli della ruspa“.
“Fu un delirio di onnipotenza – conclude – e lo ritengo il peccato originale di quella amministrazione”.
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