di Elena Coatti
Condivisione, lotta, fratellanza, lacrime. Una manifestazione che ha toccato nel profondo le coscienze dei tanti presenti che domenica hanno raggiunto piazza Cattedrale per gridare, per l’ennesima volta, basta al genocidio del popolo palestinese.
Martedì scorso il massacro da parte di Israele a Gaza è ricominciato, in barba agli accordi sul cessate il fuoco. Si è verificato, come hanno ricordato i manifestanti al microfono, durante il Ramadan, trasformandosi in uno dei giorni più mortali per i bambini di Gaza.
C’è un sentimento, però, che in quella piazza è emerso sopra tutti: la rabbia. Si percepisce chiaramente dalle voci dei giovani intervenuti al microfono, militanti o semplici cittadini. Una rabbia che è conseguenza di “una politica assente” o che “dissente in modo passivo“.
Il movimento Ferrara per la Palestina lancia un duro attacco anche alle forze di opposizione locali e ai sindacati, condannandoli per le “troppe chiacchiere” e la “mancata presa di posizione a difesa di preside e docente della scuola media ferrarese (che organizzò con il movimento una lezione sui diritti umani, ndr)” a seguito del richiamo del ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara.
“Il silenzio dei potenti è assordante“, dice un’attivista di Donne per la Palestina. Con la bocca serrata dal nastro adesivo e osservando un minuto di silenzio la piazza ha aperto la manifestazione. Un gesto fortemente simbolico, perché “tanta gente comune è ancora troppo distante dalla causa palestinese”, denunciano i manifestanti. “Se i nostri governi non agiscono tocca a noi rompere il silenzio e, come cittadinanza dovremmo chiedere tre cose: il cessate il fuoco immediato e permanente, sanzioni economiche a Israele interrompendo le commesse in armamenti e, infine, il riconoscimento dello stato di Palestina”.
Sul tema del silenzio è tornata Carola Peverati, dell’associazione Cittadini del Mondo, riportando i dubbi dei giovani studenti che a scuola si chiedono come sia stato possibile il verificarsi della Shoah. “Come glielo spieghiamo che seppur assistendo quotidianamente al genocidio di un popolo tramite video e foto sui social, accade lo stesso?”. E prosegue: “Non abbiamo bisogno di prove di quanto sta succedendo, sono tutte disponibili online. Il continuo racconto sull’attacco di Hamas del 7 ottobre non giustifica lo sterminio di un popolo. E perché la Russia è stata sanzionata per l’invasione in Ucraina mentre Israele commette crimini restando impunita?”.
“Ecco come fa ad accadere un genocidio: con la complicità del silenzio“, chiosa Virginia de La Resistenza. Un’altra attivista precisa che “stare dalla parte del popolo palestinese non significa difendere il fondamentalismo islamico, ma salvare la vita a migliaia di persone massacrate ingiustamente”.
A chiudere la manifestazione, un momento di raccoglimento che ha emozionato tutti i presenti. Un Padre Nostro e un Āyat al-Kursī, recitati stringendosi per mano, come segno di unità tra fedi e culture diverse, accomunate dalla stessa volontà di giustizia e pace. Un gesto che ha rappresentato non solo un atto spirituale, ma anche una dichiarazione di fratellanza e impegno collettivo.
“Siamo tutti fratelli“. Queste le parole del diacono Marcello Musacchi, ricordando che la solidarietà non conosce confini religiosi o politici.
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