Argenta
21 Marzo 2025
La sorella Donata: “Mio fratello ucciso sia da vivo che da morto”. Baldini: “È diventato un simbolo di speranza e di lotta"

Denis Bergamini. Giustizia è fatta. Ma ora?

di Camilla Mondini | 3 min

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Consandolo. Denis Bergamini, il cold case che per anni ha tenuto l’Italia con il fiato sospeso. La storia di una vita spezzata troppo presto e di una famiglia che non ha mai smesso di lottare per trovare la verità.

Aveva 27 anni. Era una promessa del calcio. Muore in circostanze nebulose e per anni il fatto viene archiviato come caso di suicidio. Dopo 35 anni, grazie all’impegno della famiglia e al lavoro dell’avvocato Fabio Anselmo, il caso è stato riaperto e si è giunti a una sentenza di primo grado. L’ex fidanzata Isabella Internò è stata condannata dalla Corte d’assise di Cosenza a 16 anni di reclusione per omicidio in concorso con ignoti. Che cosa succederà ora?

È questa la domanda a cui ieri sera (mercoledì 19 marzo) a Consandolo (Argenta) hanno tentato di rispondere Anselmo, la sorella Donata Bergamini e il sindaco Andrea Baldini. Sala gremita di persone che nuovamente hanno espresso la volontà di stringersi a Donata e sostenerla in questa battaglia.

Per gli affetti di Denis, che non si trattasse di suicidio, è stato chiaro sin da subito: “Amava la vita, era sempre sorridente” ribadisce Donata. Per l’opinione pubblica invece in un primo momento le cose sono andate in modo diverso, complici le false piste di un giro di droga e del calcio scommesse.

“I familiari hanno passato la vita a rivendicare verità e giustizia – afferma Anselmo -. Denis è stato vittima due volte, tanto da essere stato colpevolizzato della sua stessa morte. Ci sono stati tantissimi errori giudiziari, ripetuti ed eclatanti, che hanno inevitabilmente portato l’opinione pubblica a fossilizzarsi sul suicidio. Anche per i cronisti era difficile raccontare una storia diversa”.

“Anche per questo mi sento di dire che mio fratello è stato ucciso sia da vivo che da morto – sottolinea Donata Bergamini -. Le voci sono state tante; io stessa sono stata accusata di avere un secondo fine. Ricordo che all’inizio la stampa non faceva altro che parlare di droga e di calcio scommesse anche se – concorda con Anselmo – effettivamente non potevano fare altro che raccontare questa storia, presentata per troppi anni come vera”.

Lo scorso ottobre Isabella Internò ha fatto ricorso contro la sentenza di primo grado. L’appello “verrà fissato verosimilmente entro l’anno – spiega Anselmo -. Bisogna sempre ricordarsi che si tratta di una sentenza di primo grado. Noi partiamo da un dato semplice e incontrovertibile: Denis non si è suicidato, adesso tutti lo sanno”.

Poi sulla sentenza l’avvocato si dice “convinto che il valore della vita di chi non c’è più non può essere valutato in base al peso della condanna. Dopo 35 anni il senso rieducativo della pena ormai non esiste più; ma la pena ha anche un carattere retributivo, non in termini di denaro, per coloro che hanno subito la perdita”.

Voglio ringraziare tutti per la vicinanza – si commuove Donata -. Nel mio territorio ma soprattutto a Cosenza dove ancora ho moltissimi rapporti di amicizia con persone vicine a Denis. Quando hanno pronunciato la sentenza hanno festeggiato talmente tanto che sembrava il Cosenza avesse vinto il campionato”.

“Denis va oltre il calcio – afferma Baldini -: è diventato un simbolo di speranza e di lotta. Il nostro obiettivo è tenere viva la memoria e sono molto contento che questa volontà venga dal basso. Sentivo ragazzi che incontrandosi fuori da scuola si chiedevano perché non si parlasse di Denis”.

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