Economia e Lavoro
9 Febbraio 2025
Oltre al licenziamento unilaterale l'azienda porta avanti anche la revoca del contratto collettivo aziendale. Lunedì sciopero di otto ore

Berco. In 247 rischiano il posto di lavoro

di Pietro Perelli | 3 min

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Inizialmente la dirigenza di Berco sosteneva la necessità di licenziare 400 dipendenti dallo stabilimento di Copparo, grazie ai sindacati e all’intermediazione della Regione prima e del Ministero poi si era trovato un accordo per i licenziamenti volontari a cui hanno aderito, entro il 16 gennaio, 153 lavoratori. La differenza tra 400 e 153 è 247, il numero di persone che oggi rischia il posto di lavoro dopo la decisione del gruppo tedesco di riaprire unilateralmente la procedura.

Lo ha comunicato a tutti i dipendenti con una lettera inviata nel tardo pomeriggio di venerdì 7 febbraio, qualche giorno prima dell’incontro previsto al Ministero delle imprese e del made in Italy in programma per giovedì 13 febbraio. Un incontro per cui la Regione ha immediatamente chiesto al governo di coinvolgere anche i vertici della proprietà della multinazionale tedesca ThyssenKrupp.

Immediatamente le Rsu avevano espresso “una forte e assoluta condanna nei confronti della decisione presa dal Board aziendale” per una decisione “che colpisce centinaia di famiglie”. “È l’ennesima dimostrazione – avevano detto – della totale indifferenza e incapacità della dirigenza aziendale di confrontarsi con il sindacato e con i lavoratori, privilegiando esclusivamente logiche aziendali di tagli e risparmi, senza considerare minimamente le conseguenze sociali e umane di tale decisione”.

Otto ore di sciopero e di presidio davanti alle portinerie di Berco sono state indette da Fiom, Fim e Uilm Ferrara, insieme alle rappresentanze sindacali unitarie dello stabilimento copparese, per lunedì 10 febbraio, a partire dalle 6, contro “un atto irresponsabile e scellerato”.

“Riteniamo inaccettabile – spiegano – l’atteggiamento ricattatorio tenuto nei confronti delle organizzazioni sindacali e delle Rsu, alle quali si chiedeva di azzerare la parte economica del Ccia e la sottoscrizione di un accordo in cui il sindacato si impegnava per l’eternità a non discutere mai più le condizioni degli ammortizzatori sociali eventualmente utilizzati in azienda, per evitare i licenziamenti. Oggi con l’apertura della procedura di licenziamento che giunge dopo la disdetta del contratto aziendale il ricatto viene concretizzato con le azioni“.

Anche il sindaco di Copparo Fabrizio Pagnoni ha immediatamente fatto sentire la sua voce parlando di “due atti unilaterali pesantissimi”. Due atti perché l’azienda oltre ai licenziamenti porta avanti anche la disdetta del contratto integrativo aziendale.

La procedura dei licenziamenti era stata aperta lo scorso 8 ottobre con i sindacati che avevano definito la situazione “il disastro dei disastri“. All’orizzonte si prospettavano 480 licenziamenti, 400 per lo stabilimento di Copparo e 80 per quello di Castelfranco Veneto. Dopo diversi incontri tra azienda e sindacati che hanno visto il coinvolgimento del ministro Adolfo Urso si era arrivati a una mediazione che avrebbe permesso, entro il 16 gennaio di quest’anno, la dimissione volontaria in cambio del riconoscimento di 57mila euro lordi. A scegliere di andarsene, accettando una cifra inferiore a quella che fu proposta durante la crisi del 2016 (65mila euro lordi), sono stati 153 e così si era aperta una nuova fase di contrattazione. Ai sindacati così come alla politica locale, dal Comune fino alla Regione, non è per nulla piaciuta la mossa di Berco di sparigliare le carte a pochi giorni dall’incontro al Mimit.

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