Cronaca
22 Novembre 2024
La Procura aveva chiesto 12 anni di carcere, ma alla fine la Corte d'Assise ha scelto una pena più alta. Il pm Maggioni: "Colpito dalla sindrome di esaurimento del caregiver"

Soffocò la madre nel sonno. Ventidue anni per Sandro Biondi

di Davide Soattin | 3 min

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Soffocò sua madre con un cuscino, mentre dormiva nel letto, uccidendola. A lui, Sandro Biondi, 52enne ferrarese, la Corte d’Assise del tribunale di Ferrara – presidente Piera Tassoni con a latere la giudice Alessandra Martinelli – ha deciso di infliggere ventidue anni di carcere, condannandolo a una pena ben più alta rispetto ai dodici anni proposti dal pm Andrea Maggioni che, durante la propria requisitoria, aveva chiesto di riconoscere il vizio parziale di mente dell’imputato, ritenuto invece capace di intendere e di volere.

I fatti risalgono allo 23 febbraio 2023, quando l’uomo aveva deciso di ammazzare la donna, l’83enne Maria Luisa Sassoli, mentre si trovava a letto, nella loro casa, un appartamento al piano terra di un condominio Acer in via Argante 11, al Barco, poche ore prima che l’anziana fosse trasferita in una casa di riposo poiché lo stato di salute fisico e mentale non ne permetteva più una cura e una gestione a domicilio. Subito dopo l’arresto, operato dagli agenti della Polizia di Stato, l’uomo  aveva confessato tutto negli uffici della Questura.

Prima dell’inizio della discussione tra le parti, giovedì mattina, Biondi – accusato di omicidio volontario aggravato dal vincolo familiare e dall’età della vittima – è stato sentito in aula, dov’è arrivato ‘scortato’ da quattro agenti della polizia penitenziaria. “Non ce la facevo più a vivere in quella situazione” ha affermato l’uomo finito a processo, che ha poi spiegato come l’idea di voler togliere la vita alla madre sia stata “una scelta razionale, maturata durante la notte”.

“Parliamo di un processo molto complicato” ha esordito il pm Andrea Maggioni che, anticipando la richiesta di condanna di Biondi, ha chiesto “empatia e immedesimazioneai giudici della Corte d’Assise nel valutare la condotta del 52enne. “Per Biondi, quello con la madre – ha aggiunto – è stato l’unico rapporto relazionale vitale in 52 anni. Un rapporto necessitato, seppur conflittuale. Con l’anziana – ha proseguito, facendo sue le parole del consulente psichiatrico Luciano Finotti – l’uomo riempiva un vuoto esistenziale, anche se quel vuoto esistenziale era diventata una forma di schiavitù“.

Da qui, la descrizione dell’imputato come quella di un uomo affetto dallasindrome di esaurimento del caregiver, una forma di disturbo fatta di depressione e ansia“. “La mamma gli riempiva la vita, lo faceva malamente, ma gliela riempiva” ha sottolineato il pm Maggioni, richiamando anche la testimonianza di Luca Biondi, fratello maggiore dell’imputato e figlio della vittima, che – nella precedente udienza – non aveva nascosto che la donna vedeva il figlio minore come “un bambino” di cui spesso si lamentava con “atteggiamenti bruschi”.

“Dal 2012 – aveva aggiunto il fratello, sentito come testimone – era perennemente al servizio di nostra madre, prenotando visite mediche, andando dal dottore o passando in farmacia quando serviva. Ultimamente Sandro era molto giù, molto depresso. Non vedeva prospettive per sé stesso. Era davvero stressato e aveva ridotto i rapporti sociali per seguirla. Pensavo che la casa di riposo lo avrebbe tranquillizzato e lo avrebbe aiutato a recuperare i suoi spazi e invece il fatto che andasse in una struttura lo preoccupava per il suo futuro“.

Sandro Biondi e Maria Luisa Sassoli vivevano insieme, da soli, da oltre ventun anni, prima nell’abitazione di via Oroboni e poi in quella del Barco. Per l’esattezza dal 2001, dopo la separazione della donna dal marito e la decisione del figlio più grande di uscire di casa e guadagnarsi la propria indipendenza.

“Attendiamo di leggere le motivazioni della sentenza” hanno commentato i legali difensori di Biondi, gli avvocati Francesco Andriulli e Guido Guida, anche se – al momento, così come lui stesso ha detto in aula – non c’è l’intenzione di fare appello per la condanna. “Lui intende non impugnarla e, se la sua volontà è questa, non possiamo che adeguarci e rispettarla. Poi magari, tra qualche mese, quando sapremo i perché della motivazione, cambierà idea. Ma per ora è questa la sua richiesta”.

Le motivazioni della sentenza sono attese entro 90 giorni.

 

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