È tornato in aula ieri (martedì 7 maggio) in tribunale a Cosenza il processo per la morte di Donato Denis Bergamini, il centrocampista ferrarese trovato senza vita lungo la SS106 Jonica a Roseto Capo Spulico, il 18 novembre 1989.
Per la sua morte, oggi, l’unica imputata è l’ex fidanzata Isabella Internò, accusata di omicidio volontario in concorso con ignoti.
Davanti alla Corte d’Assise è stata sentita come testimone la dottoressa Liliana Innamorato, consulente medico-legale della difesa, presente nel 2017 in occasione dell’autopsia e degli accertamenti effettuati sul corpo esumato per la seconda volta di Bergamini.
Nonostante i ventotto anni trascorsi dalla morte, al momento dell’esumazione, il cadavere era rimasto intatto. “Secondo la mia analisi – ha affermato la teste nel corso della deposizione, come scrive l’Ansa – Bergamini era vivo nel momento dell’impatto con il camion. Ritengo che non sia verosimile che la vittima fosse stato narcotizzata. Nelle unghie della vittima, inoltre, non sono state trovate tracce di Dna di altre persone”.
La parte civile, rappresentata dall’avvocato Fabio Anselmo, contestando le affermazioni dalla teste, le ha chiesto chiarimenti in merito ad una sua espressione, “il corpo parla” contenuta in un’intercettazione tra il medico e Luciano Conte, ex poliziotto e marito di Isabella Internò. La dottoressa Innamorato ha sostenuto, a tale proposito, che si riferiva a “dati oggettivi emersi dall’autopsia”.
Nel corso dell’udienza la Corte ha ammesso un confronto, chiesto dalla parte civile, tra la teste e i medici legali nominati dall’accusa, Roberto Testi e Margherita Neri, nel corso del quale i tre periti hanno ribadito le loro posizioni.
L’avvocato Fabio Anselmo, all’uscita dall’aula, ha parlato di “un’udienza particolarmente importante, positiva e significativa. La dottoressa Innamorato ha ammesso di non sapere nulla degli accertamenti e delle procedure scientifiche in materia di glicoforina (proteina presente nei globuli rossi e marker di vitalità dei tessuti), che era il perno dell’attività della difesa, tutta tesa a delegittimare il procedimento scientifico che è già unanimemente riconosciuto. Inoltre non ha saputo nemmeno spiegare le tesi scientifiche di morte per asfissia meccanica violenta, che viceversa sono state illustrate in maniera incontrovertibile dai periti Testi e Neri”.
Si torna in aula il 23 maggio.
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