Il tribunale di Ferrara ha inflitto 3 mesi e 10 giorni di pena – dietro rito abbreviato – al 23enne italiano etnia rom finito in manette per resistenza a pubblico ufficiale e lesioni dopo aver cercato di ribellarsi ai carabinieri che lo stavano arrestando poiché già destinatario di un ordine di custodia cautelare in carcere per furti emesso dalla Procura di Genova.
I fatti risalgono al pomeriggio di venerdì 1° marzo quando, nell’ambito dei controlli straordinari del territorio, finalizzati anche alla ricerca della mitraglietta M12 e delle 170 munizioni rubate a una pattuglia dei carabinieri impegnati in un intervento a San Nicolò, i militari hanno fermato un’automobile in via Argine Po.
A bordo due fratelli che si trovavano a pochi metri dalla loro abitazione: quello più grande di 23 anni era alla guida, quello più piccolo di 19 anni era seduto sul lato passeggero. Entrambi però avevano lasciato i loro documenti di identità a casa.
Così, dopo aver concluso la perquisizione del veicolo con esito negativo, i carabinieri decidono di ‘scortarli‘ al loro domicilio per identificarli. Dopo l’inserimento del nome e del cognome del più grande dei due nella banca dati emerge però che su di lui pende un’ordine di carcerazione per fatti per cui aveva già scontato un periodo di carcere.
È in quel momento che il 23enne inizia ad agitarsi e ad allontanarsi, iniziando a correre per qualche decina di metri nei campi, prima di venire ripreso dai carabinieri che lo portano nuovamente nella sua abitazione. Lì, alcuni suoi parenti, tra cui il fratello minore che si trovava con lui in auto, avrebbero iniziato a prendere le sue difese.
I carabinieri, aggrediti con calci e pugni durante la colluttazione con prognosi di 7 e 5 giorni, si sarebbero così difesi con l’utilizzo dello spray al peperoncino e, dopo aver calmato gli animi, avevano poi caricato il ragazzo nella loro pattuglia, trasferendolo in caserma.
Durante l’udienza di venerdì 5 aprile, il legale difensore dell’imputato, l’avvocato Nicola Marani, che ha aveva avanzato richiesta di rito abbreviato condizionata all’acquisizione di due video di breve durata girati dal fratello del suo assistito durante la colluttazione, aveva chiesto l’assoluzione del 23enne poiché la sua reazione sarebbe stata successiva ad un atto arbitrario o illegittimo da parte dei carabinieri che, non avendo con loro l’ordine di custodia cautelare in carcere di cui era destinatario il giovane, lo avrebbero convinto a seguirli in caserma – dove poi gli avrebbero notificato l’atto – con la ‘scusa‘ che l’automobile su cui si trovava era rubata.
Preso dal panico, quindi, secondo la versione fornita dalla difesa, il ragazzo – a cui poi l’ordine di custodia cautelare in carcere è stato effettivamente notificato due giorni dopo l’arresto – avrebbe iniziato a divincolarsi, colpendo i militari.
“È una sentenza di primo grado parzialmente soddisfacente. Il giudice ha almeno in parte ritenuto come attendibile la versione che abbiamo fornito. Sono convinto della nostra teoria e, in attesa di conoscere le motivazioni, faremo quasi sicuramente appello” ha commentato l’avvocato Nicola Marani all’uscita dall’aula.
Le motivazioni della sentenza sono attese entro 15 giorni.
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