Cronaca
26 Marzo 2024
La Procura di Ferrara non ha riscontrato responsabilità penali tra le sei persone indagate per epidemia colposa, lesioni, omicidio colposo e maltrattamenti durante la seconda e terza ondata

Contagi Covid nelle Cra Caterina e Paradiso. Chiesta l’archiviazione

di Davide Soattin | 5 min

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La Procura di Ferrara ha chiesto l’archiviazione per i sei indagati delle residenze per anziani Caterina e Paradiso, a seguito delle morti e dei contagi che si verificarono nel corso della seconda e della terza ondata Covid nelle due strutture.

Inizialmente finiti sotto la lente degli inquirenti erano stati responsabili e coordinatore delle Cra, cioè Patrizia Bianchi, che è legale rappresentante e presidente di Caterina e Paradiso, il responsabile amministrativo della Paradiso e consigliere delegato della Caterina Michele Fiorini, Caterina Elena Fiorini, responsabile amministrativo e consigliere delegato della Residenza Caterina, la responsabile dell’Ufficio protezione e prevenzione della Caterina Alessandra Venturi, la coordinatrice responsabile della Paradiso Gloria Greco Benetti e quella della Caterina, Eleonora Fiorini.

A cercare di fare luce sulla tragedia avvenuta nelle due case di riposo, dove vi furono anche casi di positività fra i dipendenti, sono stati due consulenti nominati dalla pm Barbara Cavallo che ha coordinato le indagini assieme al collega Fabrizio Valloni. Si trattavano dell’infettivologo dell’Università di Padova Saverio Parisi, chiamato a verificare se all’interno delle due Rsa vi erano state inadempienze e omissioni nel rispetto dei protocolli per evitare i contagi tra gli anziani ospiti, e dell’ingegnere Lorenzo Belloni, il cui compito riguardava invece l’accertamento del rispetto delle norme di sicurezza sul lavoro in merito ai dipendenti contagiati.

Secondo le accuse iniziali, gli indagati non avevano adottato le cautele necessarie per evitare la diffusione del virus nelle due strutture, in violazione dei protocolli Covid e delle leggi ministeriali. Per il contagio di dodici anziani e il decesso di altri sette ospiti delle strutture, inoltre, venivano contestati i reati di lesioni e omicidio colposo. Altre violazioni ipotizzate erano state quella di maltrattamenti, riferita alla carenza di cure e assistenza agli anziani (e ad atti di violenza fisica e verbale nei confronti di una ospite), e di omissioni riguardanti la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori.

Per quanto riguarda la Residenza Caterina però, condividendo le osservazioni della difesa, poiché “supportate da documentazione adeguata, che attesta sia la tempestività nelle comunicazioni, sia la condivisione da parte di Asl, che valutava gli interventi corretti“, il consulente della Procura ha fatto sapere – si legge nella richiesta di archiviazione – che “sotto il profilo oggettivo non è dimostrabile un’eventuale discrepanza fra gli interventi dichiarati e quelli concretamente posti in essere, nè conseguentemente la colpa“.

Ma non solo, la Procura scrive anche che “vi è una sostanziale incertezza circa il possibile nesso di causalità fra la condotta omissiva indicata dal consulente come quella dovuta e l’evento”, facendo notare che, sul punto, anche lo stesso infettivologo Parisi “si esprime in termini di mera possibilità”. Le stesse considerazioni poi – aggiunge il pm – valgono anche per le carenze organizzative segnalate dallo stesso consulente, dal momento che “in assenza di ulteriori elementi, non è possibile valutare l’effettività e l’adeguatezza degli interventi dichiarati, né comunque ravvisare un nesso di causalità tra eventuali violazioni di protocolli e l’evento“.

Quanto al focolaio di gennaio 2021, sempre all’interno della Cra Caterina, per ciò che riguarda la mancanza dei dati relativi alla distribuzione spaziale dei pazienti all’interno della struttura, già sottolineata da Parisi, facendo riferimento a quanto sostenuto dalla difesa, il pubblico ministero sottolinea “l’inesistenza di una norma che imponesse o imponga alla struttura la conservazione delle mappe di distribuzione degli ospiti nel tempo“. “In ogni caso – aggiunge il pm – è documentato che la struttura avesse adottato misure di contenimento” di cui, anche in questo caso così come in precedenza, “non è possibile valutarne l’effettività e l’adeguatezza né, comunque, ravvisare un nesso di causalità fra eventuali violazioni dei protocolli e l’evento“.

Sul versante della Cra Paradiso, invece, il pm Barbara Cavallo mette in luce come sia “emerso, in sostanza, un quadro in cui si sono delineate le iniziative intraprese dalla struttura, caratterizzato da varie interlocuzioni e richieste all’Autorità sanitaria”. “Gli elementi emersi – conclude – appaiono tali da rendere incerta una prognosi ragionevole in ordine alla condanna degli indagati in ordine alle condotte ascritte, non essendo possibile valutare in concreto l’effettività e l’adeguatezza degli interventi dichiarati né, comunque, ravvisare un nesso di causalità fra eventuali violazioni dei protocolli e gli eventi“.

Violazioni invece sono state riscontrate nei documenti della valutazione dei rischi di entrambe le Cra, mancanti di firme e di data certa. In tutti e due i casi, le ultime valutazioni dei rischi sono state fatte prima di dicembre 2020 ed emerge una “totale inadeguatezza e non contestualità dell’attività svoltadalle Rsa. Per la Paradiso e la Caterina “non si fa mai riferimento all’attività assistenziale o alla presenza di pazienti, la cui assistenza costituisce l’attività principale del personale dipendente”, mentre per la sola Paradiso il documento risulta essere “generale e generico rispetto a qualsiasi tipo di attività, e quindi insufficiente rispetto a rischi specifici aggravato dalla tipologia di attività e di utenti presenti nella Rsa”. “L’intero documento – si legge nelle conclusioni del consulente Belloni – è basato su una valutazione del rischio di contagio dovuto alla presenza di un elevato numero di persone negli ambienti, senza tenere conto della fragilità dell’utenza e dei conseguenti rischi di contagio sia tra pazienti e operatori e viceversa”.

Su ciò, la Procura fa sapere che si procederà separatamente con l’iscrizione di un procedimento autonomo.

“Si tratta di un provvedimento suicida perché argomenta come se volesse dare ragione a noi e poi finisce per darci contro” commenta l’avvocato Gian Luigi Pieraccini, legale dei familiari dei pazienti della Cra Caterina, che nei prossimi giorni deciderà se fare o meno opposizione alla richiesta di archiviazione.

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