Eventi e cultura
4 Novembre 2023
Il direttore artistico condivide i meriti: "La capacità produttiva di questo teatro dipende dalla qualità dei suoi collaboratori"

Marcello Corvino a 360° gradi su Estense.com

di Redazione | 7 min

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E’ un Marcello Corvino a trecentossessanta gradi quello che incontriamo nel suo ufficio del Teatro Comunale. Il direttore artistico dell’Abbado, di ruolo nella nostra istituzione teatrale dal maggio del 2020, a sua volta produttore teatrale e musicale sfodera nomi e numeri a dispetto di chi, nelle ultime settimane in città, sembra voglia utilizzare le istituzioni culturali più con un progetto politico da campagna elettorale che con veri intenti di critica profonda e culturale.

Ed è chiaro come Corvino non sia d’accordo su certi attacchi gratuiti a chi sta costruendo, grazie non solo ad una ricca programmazione, ma anche ad una gestione oculata e ricca di prospettive, un teatro che ad oggi è uno dei più valutati del Paese. Si è parlato ovviamente anche di Prosa e di Danza, oltre che di Opera.

Corvino, vogliamo partire in senso più generale parlando del nostro teatro?

Il teatro Abbado ha fatto dei passi avanti; di questo esistono dei riscontri oggettivi. Per qualità artistica il nostro teatro, con un punteggio di 26.5 (checchè ne dicano alcuni strani personaggi ferraresi che negano l’esistenza delle graduatorie ministeriali) si colloca al primo posto insieme alla Fondazione Hadyn di Trento e Bolzano per qualità artistica tra i teatri di tradizione. Questo sarebbe un dato utile solo alla “vanità” dal quale sarebbe utile rifuggire, se invece non avesse una valenza economica, la quale ci dice che, rispetto alla precedente gestione, l’Abbado adesso riceve circa 180.000 euro in più di finanziamenti ministeriali.

In cosa si traduce questo dato?

La capacità produttiva di questo teatro dipende dalla qualità dei suoi collaboratori, cioè le quarantaquattro persone che lavorano in questo teatro. La direzione artistica può anche avere delle idee brillanti (ammesso che abbia delle idee brillanti) però se non abbiamo persone capaci di “tradurre” le idee in scene, costumi, musica, ma anche l’orchestra, il coro, i solisti, ma anche chi lavora in amministrazione, chi lavora sul palcoscenico, le sarte, insomma tutto il complesso di lavoratori e collaboratori che fanno sì che noi siamo in grado di pensare e fare un progetto artistico a Ferrara e portarlo anche dall’altra parte del mondo, come abbiamo fatto con il Don Giovanni in Corea.

Siamo inoltre riusciti a dare avvio ad un processo di stabilizzazione di dieci lavoratori da tempo determinato a tempo determinato entro il 2024. Il tutto è stato già varato dal cda del teatro, quindi posso già parlare “in anticipo”. A questo aggiungerei anche un passaggio di livello per altri sei lavoratori. Quindi siamo riusciti a migliorare le condizioni di lavoro di almeno sedici lavoratori su quarantaquattro. Ma tenendo conto che qui non si faceva una trasformazione di contratti da anni, si tratta comunque di buonissimi risultati. 

E a chi nega l’importanza delle graduatorie ministeriali, cosa si sente di dire?

Io inviterei chi per motivi di contesa elettorale diffonde notizie false su un’istituzione culturale, ad andare cauto perché stiamo parlando di posti di lavoro e di una fondazione che è proprietà di tutta la città ed è emanazione diretta dell’art. 9 della Costituzione Italiana, in base al quale si difende il patrimonio culturale della nazione. Quando si parla di istituzioni culturali, trovo incivile utilizzarli per la campagna elettorale diffondendo notizie false, colpendo un teatro che, in un certo senso, è patrimonio dell’umanità. Lo dicono chiaro i report di visualizzazione delle nostre dirette streaming che sono visualizzate dal Texas al Canada, fino al Giappone (e sono tutti dati disponibili e verificabili).

Il raddoppio dell’offerta che di prosa e danza è motivato da questi argomenti?

Abbiamo fatto un patto. Con i lavoratori e il sindacato, con il quale abbiamo lavorato. I lavoratori, dal canto loro, hanno risposto benissimo. Ci siamo detti che dovevamo aumentare di molto la produzione del teatro, se avessimo voluto migliorare la condizione dei lavoratori. Mi sembra che questo patto abbia funzionato molto bene. Al 6 giugno di quest’anno siamo arrivati a 580.000 euro di fatturato che va paragonata a quella del 2019. In quell’anno, per tutto l’anno lo sbigliettamento ha fatturato 575.000 euro in tutto l’anno. Oltretutto l’inizio della vendita dei biglietti per la sola prosa ha fruttato alle casse del teatro, nel solo primo giorno di vendita, una cifra di oltre 40.000 euro.

Una risposta senza dubbio positiva da parte del pubblico, no?

La previsione ci dice che, nel 2023, avremo venduto circa 110.000 biglietti. Il teatro cresce, senza dubbio. Noi siamo qui perché il teatro deve crescere ancora di più. Siamo soddisfatti, anche se pensiamo che si possa sempre fare meglio. Ad esempio cercando di coinvolgere ancora di più i giovani.

Guardando al programma di quest’anno, non possono non saltare all’occhio i riferimenti più o meno diretti a Franca Rame e Dario Fo. Ne possiamo parlare?

Abbiamo voluto omaggiare Franca Rame a dieci anni dalla sua scomparsa. Abbiamo deciso di farle un grande omaggio attraverso tre spettacoli: Jacopo Fo, che racconta la figura del padre e della madre, poi Chiara Francini che porta lo spettacolo “Coppia aperta, quasi spalancata” e  da ultimo le parti femminili del Mistero Buffo. Sono dell’idea – e l’ho sottolineato nella conferenza stampa – che il Nobel andava dato ad entrambi, perché non è possibile immaginare la produzione artistica di Dario Fo senza Franca.

Tra gli altri grandi nomi di questa stagione, ne vogliamo citare alcuni particolarmente importanti?

Noi abbiamo volutamente cercato di avere una programmazione eterogenea, innanzitutto perché mettere barriere tra i generi è un gioco che non ci appassiona più. Poi, come servizio pubblico, viviamo in comunità plurali, eterogenee, nelle quali c’è gente che viene e che va, quindi ciò che cerchiamo di fare nella prosa, nella danza e nella lirica, è di offrire uno spaccato della società nella quale viviamo che sono eterogenee, complesse, multietniche. Con il nostro programma andiamo dai Fratelli Karamazov al Delirio a due di Nuzzo e Di Biase, dalla Buona Novella di De André a Pojana di Andrea Pennacchi. Poi avremo Tullio Solenghi e Massimo Lopez e siamo felici che abbiano scelto Ferrara per debuttare. Saranno qui una settimana prima del debutto e verranno a perfezionare e a costruire qui a Ferrara il loro spettacolo che poi farà il giro dell’Italia. Siamo felici che un artista come Wim Vandekeybus  abbia scelto Ferrara per debuttare, tra tutti i teatri del mondo.

Possiamo dire che Ferrara e il suo teatro stiano diventando un riferimento per la danza contemporanea?

Parliamo di danza contemporanea. Roberto Tedesco ha fatto qui una residenza, ha costruito qui il suo spettacolo, e adesso lo porterà in giro per il mondo. Vandekeybus verrà qui per dieci giorni con la sua compagnia, perché in questo teatro i tecnici e tutto l’apparato organizzativo sono molto efficienti. Ogni volta che arrivano degli artisti mi fanno sempre un sacco di complimenti. Anche questo fa sì che la nostra posizione nelle classifiche sia elevata.

Un altro elemento di novità sta nel fatto che diverse produzioni vengano realizzate proprio dall’Abbado. Come funziona questo sistema?

Io sono un produttore e sono stato chiamato anche per questo. All’inizio ci sono state polemiche sul conflitto di interesse. In realtà il conflitto di interesse c’è quando c’è un rapporto economico diretto.  Mi hanno chiamato per fare progetti e per portarli in giro. Questo ci dà visibilità e fa venire pubblico da fuori. Forse per i ferraresi è importante sapere che c’è pubblico che viene apposta dall’estero per sentire dal vivo le nostre produzioni. Produzioni che sono arrivate su tutti i più grandi giornali del mondo. Quando abbiamo fatto il Farnace di Vivaldi, siamo usciti sul Washington Post, sul Daily Telegraph, su Le Figaro, quindi Ferrara è stata conosciuta e riconosciuta nel mondo.

Ci saranno produzioni originali anche quest’anno?

Naturalmente. Ci saranno due co-produzioni internazionali e parecchie produzioni originali del teatro, con il conseguente utilizzo dell’Orchestra città di Ferrara, grande utilizzo dei cori, quindi le masse artistiche ferraresi che avranno la possibilità di uscire dalla città per far vedere quanto valgano. Questa è una politica che noi abbiamo perseguito fin dall’inizio; cioè ragionare in termini glocal. Va bene avere i grandi artisti internazionali, ma facciamo esibire anche ragazzi che fanno danza a Ferrara. Oppure, chiamiamo grandi direttori e cantanti, però facciamolo con l’Orchestra città di Ferrara. Questa città è piena di artisti e quindi li facciamo esibire.

C’è un aneddoto che vuole raccontare?

Forse di quando con Sgarbi andammo da Riccardo Muti. Fu una delle prime cose che abbiamo fatto qui. E’ un uomo di una simpatia incredibile. Musicalmente quando dirige lui è tutto chiaro, tutto bello. La cosa magica è che se anche tu non hai una relazione continua con quel tipo di musica, se dietro c’è un grande musicista tutto diventa subito chiaro. Con la musica non puoi mentire. Anche se il repertorio non lo conosci, ti accorgi subito di avere di fronte un grande interprete. Muti è uno di quelli. 

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