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I cittadini di Villanova
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I lavoratori della Cofer Srl
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Striscioni contro la centrale
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(foto di Riccardo Giori)
Nonostante l’ok di Arpae alla realizzazione dell’impianto, arrivato lo scorso 10 novembre al termine della Conferenza dei Servizi, non si danno per vinti i cittadini di Villanova per dire no alla costruzione della centrale a biometano da 1.000 Sm³/ora che sorgerà su un’area verde di circa 15 ettari, tra via Ponte Assa e via Iacobella.
Nei giorni scorsi, Estense.com li ha incontrati per raccoglierne i punti di vista e toccare con mano le sensazioni, le paure e le preoccupazioni legate alla nascita di un sito che potrebbe radicalmente cambiare la geografia del territorio e la vita delle persone che popolano la frazione alle porte di Ferrara che, nell’ultimo periodo, proprio al nostro giornale, avevano detto di sentirsi “congelati” tra l’incertezza per quello che sarà il futuro e la mancanza di risposte da parte degli enti preposti all’edificazione dell’impianto.
Diversi i punti critici e di attenzione su cui hanno posto l’accento i residenti, dall’impatto acustico a quello olfattivo, passando per quello sulla viabilità e sull’indotto economico, nutrendo non poche incertezze sul progetto presentato dalla ditta Alvus Srl di Bolzano (già attiva nel Ferrarese con la costruzione degli impianti di Valgrande, Contrapo e Palmirano, ndr) per conto dell’Apis Fe1.
Viabilità. Dubbi e perplessità arrivano soprattutto per la tenuta di via Pomposa, arteria principale di collegamento tra l’esterno e la centrale, come sottolinea Fausto Bianconi, autotrasportatore in pensione da tre anni, oggi presidente di Cna Fita Ferrara. “Già oggi – spiega – la via Pomposa, che è la strada che dal Basso Ferrarese porta la gente a lavorare in città, è una via su cui se ne vedono di tutti colori, anche con sorpassi esagerati. È una vita che la percorro e che la conosco. Non oso immaginare quando ci saranno i trattori che andranno alla centrale cosa potrà accadere, sia di giorno che di notte”. Si sofferma, invece, sul “problema del traffico continuo di camion“, Federica Cavazzini, titolare della Cofer Srl, impresa che sta proprio di fronte all’area in cui sorgerà la centrale. “Avrò un silos di nove metri qui davanti” esordisce, mentre indica la distesa verde su cui si nascerà l’impianto. “Ci è stato venduto come riqualificazione di quest’area – afferma, riferendosi al progetto – ma in nessun modo questa centrale potrà contribuire alla riqualificazione. Servono progetti veri e non il sì spensierato a una società che si spaccia per azienda agricola, facendo mega tonnellate di gas alle spese di tutti. Ci hanno rassicurato che i loro trasporti verranno fatti con camion a metano. Sì, ne avranno cinque o sei, e poi tutti gli altri saranno trattori. Aumenterebbero solo i disagi. Personalmente credo fosse bella l’idea di costruirla dentro il Petrolchimico. Perché non ci ripensano?”.
Salute. A preoccupare i cittadini sono poi anche i possibili effetti negativi sulla salute e sull’ambiente. “Tutto questo beneficio – evidenzia Michele Baldin – le centrali non lo danno. Se mi avessero detto «facciamo la centrale biometano e con quello che produciamo vi caliamo la bolletta del gas, avrei sopportato». Ma a noi non risolve niente e non risolve nemmeno i problemi del mondo. Qui in linea d’aria ne abbiamo non so quante tra centrali a biometano e biogas. Negli Stati Uniti c’è la Silicon Valley, a Villanova abbiamo la valle delle centrali“. Un pensiero condiviso da Cristina Fasolari, che aggiunge: “Non capisco perché tutta la zona debba essere penalizzata da una centrale come quella che vogliono costruire e che andrà inevitabilmente ad ammorbare l’aria. Ferrara è già una città ad alto rischio di tumori, perché dobbiamo incrementare questa malattia? Per quale motivo?”. Mentre Laura Scaramelli conclude: “Non sono per niente contenta, purtroppo dove verranno stoccati questi liquami è nel mio giardino. La mia proprietà confina con questa centrale, una centrale che non può far gran bene a un territorio che è vissuto dalla gente“.
Il progetto. Particolare diffidenza tra la popolazione la suscita soprattutto il rendering iniziale del progetto presentato dalla ditta costruttrice Alvus, specialmente per quanto riguarda le opere di mitigazione rispetto all’impatto acustico e olfattivo. Nello specifico, la realizzazione di un «polmone verde» tra l’impianto e gli edifici abitativi con 6,5 ettari di nuovo parco naturale con un lago. “È un progetto – evidenzia Giovanna Mattioli – fatto molto bene, in modo inattaccabile. Lo dico perché in passato lavoravo per una ditta che mi pagava per fare fuffa. E in questi casi si gioca al rialzo. Più i progetti sono belli e accattivanti e più ti fanno sembrare una colossale schifezza come la soluzione a tutti i problemi ambientali. Questa è una bombardata in un’ambiente che viene spacciato con vocazione industriale. Ci vorrà del tempo prima che le mitigazioni, sempre se le faranno, le pianteranno e le annaffieranno prima che facciano effetto. Fa venire la pelle d’oca. Una vocazione più rurale e agricola di così si muore, ma oggi, con la scusa che abbiamo bisogno di energia sarà un gioco al massacro, il Far West. Stiamo diventando la discarica della Regione? Secondo me sì”.
Il silenzio dell’amministrazione. Da tempo i residenti di Villanova hanno chiesto un incontro agli enti coinvolti nella costruzione della centrale biometano, da Arpae, alla società costruttrice Alvus fino alla Provincia e al Comune, senza però aver ricevuto risposta. “Dispiace – afferma Adele Pazzi – non aver avuto incontro con un contraddittorio, perché noi abbiamo cercato nelle nostre possibilità di informare tutta la popolazione, di dire quelle che erano le reali ricadute sulla salute delle persone di questa centrale, senza però che ci siano stati i rappresentanti di Arpae e Comune”. A tal proposito, Michele Ferraresi racconta: “Da undici mesi chiediamo che la gente venga informata e, invece, a spese nostre non se ne vuole parlare. Decidono senza interpellarci. Non appena se n’è iniziato a parlare ho contattato il vicesindaco Nicola Lodi. Quando sono andato in municipio e l’ho cercato per parlare mi hanno detto di mandargli un messaggio perché non era disponibile. Il giorno successivo mi ha richiamato lui e mi ha detto «le do una notizia, e gliela do in anteprima, il Comune di Ferrara non darà mai il consenso alla costruzione di questa centrale». L’avrò cercato altre cinquecento volte, ma non sono più riuscito a parlarci“. Un’esperienza simile a quella appena raccontata l’ha vissuta anche Sandra Travagli, lo scorso 15 settembre, quando – ricorda – “ho ricevuto una telefonata da Lodi, che mi diceva «le do una notizia in anteprima: la ditta si è ritirata e non si farà più la centrale. Dobbiamo stare molto attenti che nessuno si infili più in una situazione così». È stata una sensazione che non avevo mai provato in vita mia, di una scorrettezza unica”.
Travagli poi conclude, facendo riferimento al progetto Con le Frazioni, voluto fortemente dal vicesindaco Nicola Lodi: “Non è facendo un parcheggio o sistemando un monumento ai caduti che si curano le frazioni, ma dando servizi alle persone. Nel nuovo Pug sembra che Ferrara finisca alle mura e noi, nelle frazioni, che attrattività avremo? È bene ricordare che chi viene ad abitare qui fa anche rivalutazione degli edifici e riqualificazione del territorio, ma in cambio gli si dovrebbe dare anche un tornaconto in termini di qualità della vita, che non può coincidere con la costruzione di una centrale biometano davanti a casa”.
A questo proposito, ricordiamo che i cittadini sono ancora in attesa di una risposta dal Comune circa la petizione da 200 firme consegnata lo scorso novembre agli uffici di piazza Municipale, in cui avevano chiesto al sindaco Alan Fabbri di attivarsi nei confronti di Regione, Provincia e Arpae per farsi garante e curare gli interessi legittimi di sicurezza e salute, ma anche per far luce sul perché l’amministrazione comunale si sia opposta in Consiglio alla costruzione, mentre nei mesi precedenti gli uffici comunali si erano già esposti in modo positivo nella Conferenza dei Servizi circa l’ok al progetto.
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