Da tre anni non riesce a vedere sua figlia. Da quando l’ex è andata a prenderla a scuola. Da allora sta lottando per riaverla, ma i contorni della vicenda sono tutt’altro che semplici.
I problemi iniziano un weekend di metà settembre del 2020. Come previsto negli accordi di separazione, il padre prende con sé la figlia il venerdì. La minore doveva passare il fine settimana con il genitore. La madre l’attendeva per domenica sera. Ma da allora non l’ha più vista. L’uomo decide di tenere la figlia con sé. Al giudice dirà che era lei stessa, la piccola, a non voler rivedere più la mamma, “perché la picchiava”.
La madre attende qualche giorno, per risolvere in modo pacifico la situazione. Invano. I primi giorni di ottobre deposita la denuncia per sottrazione di minore. Sia nei confronti dell’ex che della nuova compagna convivente di lui.
Il tempo che dalla denuncia porta al processo viene scandito da colloqui con i servizi sociali. Nel frattempo la minore è rimasta nella casa paterna. E rimane ancora oggi oggetto di contesa. Per il padre è la figlia che non vuol rivedere la madre. Per la madre è l’ex insieme alla compagna che si adoperano per metterla in cattiva luce agli occhi della bambina.
In tribunale il processo si è concluso con richieste diverse per i due imputati, entrambi ultraquarantenni: condanna per lui e assoluzione per lei. Richieste condivise dall’avvocato che assiste la madre come parte civile.
Il giudice, in sede di decisione, ha riqualificato il reato da sottrazione di minore a mancata esecuzione di un provvedimento giudiziario per poi pronunciare assoluzione per tutti e due.
L’avvocato di parte civile, Eleonora Baldi, non commenta la delicata vicenda, limitandosi ad anticipare che farà appello contro la sentenza.
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