La Chiesa di Ferrara-Comacchio celebra oggi, il 7 maggio, S. Maurelio, compatrono della città con S. Giorgio, con una messa alle ore 18.30 nella Basilica di San Giorgio fuori le Mura dove riposa il corpo del Santo.
Se anche le cronache della sua vita non sono coeve, ma tardo medioevali, S. Maurelio era originario di Edessa, dove nacque nel VII secolo.
Edessa, oggi in Turchia, era una città dell’antica Armenia, che si estendeva nell’Anatolia orientale tra Siria, Iran e mondo greco, dove il cristianesimo era arrivato grazie agli apostoli Giuda Taddeo e Bartolomeo.
Secondo alcuni fu il primo stato a riconoscere come religione propria il cristianesimo nel 301: infatti nel 2001 furono celebrati i 1700 anni di evangelizzazione. E l’evangelizzazione partì proprio da Edessa, la città di origine di S. Maurelio, con la conversione del re Abgar ad opera dell’apostolo Giuda Taddeo, che troverà poi la morte per opera di re Sanatruk in Armenia.
L’opera di Giuda Taddeo sarà continuata dall’apostolo Bartolomeo e successivamente da fedeli provenienti dal mondo greco e siriaco, che faranno delle chiese armene il frutto di culture e spiritualità diverse, arricchite poi dal monachesimo eremitico e cenobitico.
E sarà il mondo monastico benedettino olivetano, infatti, a riportare il culto di S. Maurelio nella città e Chiesa, all’inizio del XV, recuperando la tradizione medioevale di S. Maurelio come ultimo Vescovo di Voghenza, prima che la sede episcopale fosse trasferita nel VII secolo a Ferrara, dove nella chiesa di S. Giorgio, prima Cattedrale della città, era stato traslato nel XII secolo da Edessa, divenuta il primo degli stati crociati nell’Armenia minore, il corpo di S. Maurelio.
“Ricordare S. Maurelio oggi – afferma il vescovo Gian Carlo Perego – significa ritornare alle origini della nostra Chiesa, che vede in questo santo armeno un tassello della propria evangelizzazione, oltre che il suo copatrono. Al tempo stesso S. Maurelio, martire armeno, ci ricorda le tante persecuzioni di questo popolo cristiano – tra le quali il genocidio del 1915-1923, quando centinaia di migliaia di uomini, donne, anziani, bambini furono uccisi durante il Metz Yegern, il “grande male” – che ha fatto della croce e del martirio il fulcro di una spiritualità e di una testimonianza cristiana”.
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