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28 Aprile 2021

Due poesie di Giannetto Forlani

di Maurizio Musacchi | 4 min

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Giannetto Forlani, un poeta ferrarese poco conosciuto, ma molto apprezzato dagli amanti della poesia nostrana. Morto prematuramente. Dal suo libro “Poesie e racconti”, due brevissime liriche. Molto emblematiche. La prima, (Grumbiai scùr), racconta e ci illustra con poche rime, le vecchie nonne dell’Otto/Novecento. Figure modeste, vestite prevalentemente di scuro. Erano le “arzdóre” tuttofare. Casa, lavoro in campagna, chiesa e cimitero era la loro vita. Molto diverse (fortunatamente), dalle emancipate nonne del Duemila.

L’altra, sempre attuale, pur scritta, come la prima, circa mezzo secolo fa, (L’òra dnà nùvla) è uno stimolante consiglio, nei confronti dei giovani di sorridere e considerare che la gioventù, come l’ombra d’una nuvola, passa in fretta. Ricorda la famosissima locuzione latina “Carpe diem”, (cogli il giorno o la più moderna cogli l’attimo),tratta dalle Odi del poeta latino Orazio.

Raccogliendo suoi cenni biografici, ho trovato una sua poesia in italiano. Mi è piaciuta e ve la propongo. Spero piaccia.

Giannetto Forlani nasce nel 1924 a Masi Torello in una famiglia contadina molto numerosa a struttura patriarcale. Nel 1928 il fallimento della Banca di Piccolo Credito, che annoverava tra i suoi risparmiatori anche la famiglia Forlani, rappresentò il tracollo della sua famiglia. Una delle eredità della guerra (1940-45) fu la diffusione delle malattie polmonari che videro Giannetto ricoverato nell’ospedale di Tresigallo per tubercolosi. In questo clima maturarono i suoi scritti da cui traspaiono: il suo credo politico, la sua avversione verso chi detiene nelle proprie mani i destini di tante persone, e la sua “grande voglia di vivere contrastata dalla malattia. Di questa, dà un esempio nella poesia in lingua “Minuti portanti”. Muore, non ancora sessantenne, il 15 gennaio 1982.

MINUTI PORTANTI – Ed eccomi proteso / a spulciare dai decenni / i minuti portanti; / mi presento / al dopo inesorabile / umettandomi / di verdi circostanze / e di quel maestrale / che mi biscottava il pane / lungo i filari / della mia fretta di crescere. / Da quei giorni / attingo creta malleabile / che io modello con il pollice / di questa voglia di vivere.

 

GRUMBIÀI SCUR

 

A la matìna prèst li è bèla in źir par cà

coη iη maη na cuógma 1 uη granadèl

o uη furzlòt par la còrda dla bugà.

Vcìnn sémpr in urciùη

se η’ putìη al zìga

e ch’ bùta n’òć a na cuvà d’ pulśìη.

Av caśalìnn ach tiéη da cat chi cvèi da gnént

impurtànt sól quand che nu i zarchéη;

ch’ va al zimitèri coη du fiùr o ch’ va a l’uśdàl

a truvàr dla źént ch’avéη dśmantgà.

Ómbar alźiéri ach camìna coi pas felpà

par paùra d’dsturbàr quéi ch’as póηsa,

ach prepàra la pgnatìna difarénta quànd a séη malà,

ach tòl su i sfógh dill nòstar ràbi

e ch’magna quàśi sémpar quél ach gh’è vaηzà.

Grumbiài scur ch’sa śmòrza piàη piàη

e dòp, quànd iη gh’ è più, as par d’far tànt

par métar uη ritràt là, tacà l’mur.

 

Grembiuli scuri – (Da”Poesie e racconti”) – Al mattino presto si aggirano per casa/ con in mano una cuccuma, una scopa/ o una forcella per la corda del bucato./ Vecchine sempre in ascolto/ se un bimbo piange/ e capaci di badare ad una covata di pulcini. / Api casalinghe che conservano le cose da nulla,/ importanti solo quando noi le cerchiamo,/ che vanno al cimitero con due fiori o all’ospedale/ a trovare persone che abbiamo dimenticato./ Ombre leggere che camminano con passi felpati/ per paura di disturbare quelli che riposano,/ che preparano la pentolina diversa quando siamo ammalati,/ che raccolgono gli sfoghi delle nostre rabbie/ e che mangiano quasi sempre quello che rimane./ Grembiuli scuri che si spengono pian piano/ e dopo, quando non ci sono più, ci pare di far tanto/ per appendere il loro ritratto là, contro il muro.

—————

 

 

 

L’ ÒRA D’NA NÙVLA

 

Làvat la fàza immuśì

coη na bèla ridàda;

sćiàηca l’j’arvéd e la vlùcia

ch’at quàcia i santiér;

ślùηga vluntiéra na maη

a cl’òm ch’è cascà;

tó su tut i fiùr ch’at tróv

sul zìli dla stràda;

e mai dśmantgàr che vint ann

j’è l’òra d’na nùvla

ch’la cór spargugnànd i rimpiànt

e l’an tórna mai più.

 

L’ÓMBRA DI UNA NUVOLA – (Da “Poesie e racconti”) – Lavati il viso immusonito/ con una bella risata;/ strappa i rovi ed il vilucchio/ che ti coprono i sentieri;/ allunga volentieri una mano a quell’uomo che è caduto,/ raccogli tutti i fiori che trovi/ sul ciglio della strada;/ e mai dimenticare che vent’anni/ sono l’ombra di una nuvola/ che corre spargendo i rimpianti/ e non torna mai più.

 


1  – Cuccuma per il caffè o per altro succedaneo(in tempo di guerra).

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