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26 Giugno 2020

Grazie Alfio Finetti, non ti dimenticheremo

di Maurizio Musacchi | 4 min

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Un Alfio Finetti dei grandi sentimenti. Chi ha conosciuto Alfio Finetti attraverso gli spettacoli o le sue cassette, dischi, cd o su Youtube, lo identifica prevalentemente come cabarettista, un po’ giullare, raccontatore di barzellette. A parte il suo capolavoro: “Al re dlà misèria”, non cantava quasi mai canzoni che non fossero ironiche o allegre. Preferiva far sorridere la gente stigmatizzando, nelle sue canzoni, tic o difetti di chi lo circondava, sempre garbatamente, senza mai offendere alcuno.

Nei testi delle canzoni, barzellette, o in quelli dei suoi indimenticabili monologhi, non trascendeva mai. Qualche garbato doppio senso, qualche storiella un po’ salata, ma niente di volgare e men che meno d’offensivo. Risentendolo, in questi giorni di “prigionia”, ho riscoperto diverse sue canzoni, scritte col cuore, nel quale albergavano indubbiamente sentimenti quali sensibilità e bene verso il prossimo. Non tutte le canzoni erano totalmente sue, ebbe diversi collaboratori, ma le scelte artistiche erano sicuramente sue e difficilmente sbagliava.

Mi ha particolarmente colpito “Sa fus bón”. Un messaggio d’amore verso chi l’Umanità che lo circonda. Rime molto semplici, forse volute, perché dirette verso la “sua gente semplice”, ma il messaggio arriva… eccome che arriva! Ho chiesto a Rita Finetti, la figlia del grande Alfio, di potervela proporre. Ha accettato di buon grado, anzi, mi ha fatto pervenire foto inedite di famiglia che propongo nel video. Mi ha dato pure utili consigli, per cui posso affermare che il video stesso, porta pure la sua firma. Grazie Rita e… grazie grande Alfio, non ti dimenticheremo!

SÀ FÙS BÓN
Al Mónd l’è ‘na scaràna
malférma e spirulà,
casìn ad tutt ill ràza
la “Bàla” l’è gripà.
Al nòstar Padretéran
l’è tròp indafarà,
nisùn fa piu miràcul
al Mónd l’è ruinà.
Sa’ fus bón ad far star bén
i puvrìt e i śgrazià,
sa’ fus bón ad far guarìr
tuti quant i amalà.
Sa’ fus bón ad dar la pàś
int ill guèr chi è scatenà,
regalàr a chi an gh’l’à brìśa
un puchìn ad libertà.
Sa’ fus bón ad far surìdar
chi putìn ch’i’è afamà,
sa’ fus bón ad far śgagiàr
tut i quanti gl’imbalzà,
regalàr soquànti càmar
a quéi che al sfràt i gh’à mandà,
védar rìdar un anziàn
che tant ann l’à laurà.
In slà panchina dì zardìn
ripusàr un pensionà,
la nunìna col putìn
ch’la spatéza in zà e in là,
sénza làdar e malfatór
chi it dà sémpar dill fregà,
e lasàr déntar in galèra
chi sl’è pròpria merità.
A panzinsù in mèz a l’èrba
ripusar in mèz al prà,
e po’ cantàr a sguarciagola
una canzón in libertà,
dàr ‘na pàca int ‘na spàla
a chi à sémpar tribulà,
a dir :!
Sa’ fus bón ad dàr la voś
a chi a nà mai ciacarà,
a tut i’òrb dàragh la vìsta
par guardàr al sól e al màre,
ai sórd fàragh sintìr
i so’ fió a ciacaràr,
e ai mùt dàragh la vóś
par bravàr e imprecàr.
E sé tut quést l’è impusìbil
cuntinuén a supurtàr,
finchè un dì al Padretèran
al viéna chi a sistemàr,
a dàr dì càlz int al sedére
a chi à sémpar fàt dal mal,
e par i’unèst ch’agh n’én ancóra
finalmént un póch ad pàś.
la la la la la la la la la la …
A dàr dì càlz int al sedére
a chi à sémpar fàt dal mal,
e par i’unèst ch’agh n’én ancóra
finalmént un póch ad pàś…
par i’unèst ch’agh n’én ancóra…
finalmént un póch ad pàś…

(Traduzione)
SE POTESSI
Il Mondo è una sedia ,
mezza rotta e scollata,
casino d’ogni specie,
la palla è grippata,
il nostro Padreterno,
è troppo indaffarato
nessuno fa più miracoli
il Mondo è rovinato.
Se in grado di far del bene
per i poveri e i disperati,
se potessi far guarire
tutti quanti gli ammalati,
se potessi di portar la pace
nelle guerre scatenate,
regalare a chi non ce l’ha
un poco di libertà.
Se potessi di far sorridere
dei bambini affamati,
se potessi rendere furbi
tutti quanti gli ingenui,
regalare alcune camere
a chi fu sfrattato di casa,
veder sorridere un anziano
che tanti anni lavorò.
Nella panchina dei giardini
far riposare pensionato,
la nonnina col bambino
che passeggia qua e là,
senza ladri e malfattori
che rifilano sempre fregature,
e lasciare in prigione
chi proprio se lo meritò.
A pancia in su in mezzo all’erba
riposare in mezzo al prato,
poi cantare a tutta voce
una canzone in libertà,
dare una pacca sulla spalla
a chi ha sempre sofferto,
dirgli: .
Se potessi dar la voce
a chi mai parlò,
e ai ciechi ridar la vista
per vedere il sole e il mare,
e ai sordi far sentire
i loro figli parlare,
e ai muti dar la voce
per discutere e imprecare.
E se tutto ciò è impossibile
continuiamo a sopportare,
finchè un giorno il Padreterno
venga qui a organizzare,
a dar calci nel sedere
a chi ha sempre fatto del male,
e per gli onesti che ci sono ancora
finalmente un po’ di pace.
La…la…la…la…la…
A dar calci nel sedere
a chi ha sempre fatto del male,
per gli onesti che ci sono ancora
finalmente un po’ di pace…
Per gli onesti che ci sono ancora
finalmente un po’ di pace… !

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