Un saluto comunista, mica un richiamo a uno dei gesti più simbolici della storia dello sport e di quella per i diritti civili dei neri. Tale era, secondo la deputata leghista Maura Tomasi, il pugno chiuso mostrato dal cantante Sergio Sylvestre nella sua esibizione nella finale di Coppa Italia.
“Uscito dall’importante trasmissione della De Filippi va a cantare l’inno di Mameli alla finale di Coppa Italia dimenticandosi le parole e chiudendo l’esibizione con il braccio sinistro semialzato ed il pugno chiuso, che ricordo per i meno attenti essere il noto segno comunista”, ha scritto, indignatissima Tomasi su Facebook, seguendo in questo la linea tracciata dal suo segretario di partito, Matteo Salvini, anche lui scandalizzato da quel pugno, “se invece del pugno chiuso avesse fatto il saluto romano come sarebbe andata a finire? Ma non è solo questo, i nostri governanti nella spasmodica ricerca dei fasciati e dei razzisti usano il calcio per fare la loro becera propaganda non avendo temi veri e concreti su cui confrontarsi”.
Peccato che Sylvestre sia un cantante americano – poi trasferitosi in Italia dove è diventato noto – e nero e che quel pugno chiuso fosse un richiamo evidentissimo non al saluto dei compagni con l’Unità sotto il braccio ma al “Black power salute”, al pugno alzato sul podio dai velocisti Tommie Smith e John Carlos alle Olimpiadi di Città del Messico del 1968, una delle immagini più potenti e simboliche del Novecento e della lotta per i diritti civili dei neri.
Un gesto che si inserisce, ovviamente, nei sommovimenti che la società statunitense sta vivendo in queste settimane dopo l’omicidio di Geroge Floyd da parte della polizia di Minneapolis e che hanno avuto un’eco anche in Europa e in Italia, Ferrara compresa.
“#Chetristezza”, scrive infine Tomasi. Già.
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