Politica
12 Giugno 2018
Approvata la mozione di Bertolasi. Fornasini: "Non è questo che toglie il sonno ai ferraresi". Tagliani: "Necessità contro Forza Nuova e Casapound"

Niente spazi pubblici a chi non si dichiara antifascista

di Redazione | 5 min

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È stata la mozione presentata ormai a gennaio da Davide Bertolasi del Pd, che chiedeva all’amministrazione di inserire nel regolamento comunale l’impedimento alla concessione di spazi e sale pubbliche a chi decidesse di non sottoscrivere “una dichiarazione di rispetto della Costituzione Italiana, con particolare riferimento alla XII disposizione transitoria e finale”, a scaldare gli animi del consiglio comunale di lunedì con una discussione che ha riguardato fondamentalmente tutto l’arco costituzionale e che, nel trascinarsi per due ore, raggiunge rapidamente e a ondate toni calmi e toni furenti, ragionamenti colti e stucchevolezze in egual misura.

Il primo a prendere la parola nell’ultimo punto all’ordine del giorno — ma gli altri sono scivolati in fretta e senza opposizioni di particolare rilevanza — è stato proprio Bertolasi per l’esposizione del suo documento. “È una mozione semplice, che trova i suoi fondamenti nella Costituzione, con la quale andiamo a ribadire l’antifascismo della nostra città e che il fascismo non è un’opinione. Credo ci sia poco da discutere, questo non è un tema superato”, esordisce.

Caso vuole che Alessandro Balboni, delle fila di Fratelli d’Italia, abbia presentato un emendamento chiedendo la sottoscrizione del rispetto alla Costituzione nella sua interezza che “vuole essere più ampio di quanto proposto, perché nessuno è qui a negare che la Carta abbia un’impronta antifascista”, un documento che non è nemmeno che non piaccia come concetto alla maggioranza — tanto che più avanti chiede il voto al suo offrendosi di votare una nuova mozione in questo senso appena possibile — ma che dà comunque spazio a Bertolasi per attaccare: “Credo la minoranza abbia problemi con il termine fascista. Il Pd no”.

Come ampiamente prevedibile e scontato, apriti cielo. Fornasini (FI) prende la parola subito per sottolineare il suo sarcasmo quando dice grazie a Bertolasi “che consente di affrontare un tema di prioritaria importanza per la nostra città, che toglie il sonno ai ferraresi”, poi è la volta di Rendine che invece si mette a citare Pasolini per dire che la mozione serve per “combattere il nemico che non c’è mentre il consumismo si infiltra e logora la società moribonda” e poi che “questo tempo è passato, questo è un modo per impedire di trattare i veri problemi” prima di sostenere l’emendamento della minoranza. Segue Serra, che prova a tirare le fila in modo essenziale: “A questa mozione”, dice, “o si è d’accordo senza se e senza ma o non si è d’accordo”.

Finisce il primo giro, quello della discussione, solo perché apra il secondo, quello delle dichiarazioni di voto sull’emendamento di Balboni che riprende la parola alzando la voce: “Tutto quello che varrà sarà un’autodichiarazione di antifascismo. Io, siccome un ministro dell’Interno ha dichiarato pochi mesi fa Giorgia Meloni fascista non potrò fare politica nonostante in undici anni di carriera abbia subìto sputi, insulti e altre cose che voi non avete mai visto. Questo è anacronismo, oggi avete scelto di portare lo scontro sul tema della democrazia. Pretendete buonsenso ma quando ce lo avete davanti lo negate”. Marcucci bolla la proposta delle minoranze come “auspicabile” mentre Bova prende la questione tecnicamente e spiega che si allontanerà dall’aula per il voto perché nella mozione “Non si capisce chi debba decidere cosa è fascismo o no e quale sia la sanzione in caso di violazione”, e comunque leggi in questo senso esistono già. Tutto inutile, comunque, l’emendamento firmato da Balboni viene supportato solo da dieci voti favorevoli contro i dodici contrari.

A questo punto, con un’opposizione ancora più irretita, si apre lo scontro totale: Balboni risponde a Bertolasi che aveva fatto notare il suo nervosismo che se lo fosse davvero “se ne sarebbe accorto” e dai banchi della minoranza si alza il vociare delle prime scuole, mentre Rendine si rifiuta di dichiararsi antifascista perché “Flaiano diceva che gli antifascisti sono peggio dei fascisti”. Poi, in una vena funambolica che ha preso il sopravvento — non solo in lui, per la verità, ma in tutta l’aula — sfida il Comune a trattarlo diversamente, chiede al Pd il ritiro dell’emendamento per crearne uno condiviso “contro tutte le violenze”, poi annuncia di votare contro solo per disattenderlo per primo in una forma di disobbedienza civile e per rimarcare il punto spiega che non si dichiarerà nemmeno anticomunista “perché anche lì qualcosa di buono c’era”.

Tagliani invece annuncia il suo voto a favore “perché questo è un documento politico e la sua applicazione mi interessa relativamente. Oggi c’è questa necessità negli enti locali perché ci sono movimenti che si chiamano Forza Nuova e Casapound che non sono nella posizione di poter proclamare il proprio antifascismo perché i loro fondatori sono radicati nell’eversione nera e fanno politica con i banchetti sotto il Comune. È giusto alzare le orecchie, non stiamo dicendo chi è fascista e chi no”, dice, anche se tra gli esempi cita la frase infelice di qualche anno fa di Florestano. Segue qualche altro intervento fin quando Balboni, in ultimo, aziona il microfono: “Volevate una firma?”. Firma un foglio dei suoi, lo scribacchiare viene amplificato dalle casse, poi lo alza perché si veda e lo strappa.

È la fine di tutte le discussioni, si passa al voto che a questo punto vede il Pd arroccato da solo a difendere la posizione: di venticinque voti validi i sì sono 16, i contrari 9, nessun astenuto. La mozione è approvata.

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