Anis Hannachi
Perché proprio a Ferrara? È la domanda che in tanti si sono posti in questi giorni dopo l’arresto di Anis Hannachi, il fratello dell’attentatore di Marsiglia, accusato di averlo in qualche modo aiutato e, cosa forse più inquietante, ispirato, radicalizzandolo. Ed è la domanda alla quale anche la polizia sta cercando la risposta.
Quel che sappiamo finora è che chi lo ha ospitato – un giovane studente connazionale di Hannachi – sapeva perfettamente chi fosse per via di un precedente rapporto di amicizia, ma ignorava che fosse ricercato. Mentre gli altri inquilini dell’appartamento di via Mazza sembrano essere completamente estranei a tutto.
Hannachi conosceva il suo ospite probabilmente perché sono entrambi più o meno della stessa età e provengono entrambi da Biserta, la città più a nord della Tunisia, affacciata sul Mar Mediterraneo.
Prima della notizia del suo arresto a Chiasso, alcune fonti mai verificate affermavano che a Biserta (nella ‘frazione’ di Zarzouna) fossero stati arrestati anche l’altro fratello, Anuar, per intralcio alla giustizia e, una sorella, Emma, che sarebbe nota per essere un’estremista religiosa.
Il suo essere in qualche modo agganciato a Ferrara non può non preoccupare per almeno due motivi: Hannachi dal 2014 al 2016 è stato un foreign fighter, combattente in Siria, come tanti altri suoi connazionali (secondo alcune stime, in numeri assoluti, dalla Tunisia è partito il maggior numero di foreign fighters diretti in Siria, da 3mila ad addirittura 9mila); è accusato di aver indottrinato il fratello Ahmed – descritto invece dalla sua ex moglie italiana come un uomo molto poco attento alle questioni religiose – e averlo radicalizzato, fino a spingerlo a commettere l’attentato di Marsiglia, forse pianificarlo con lui.
Hannachi e l’amico – che non risulta indagato – sono stati fermati nella sera di sabato mentre percorrevano tranquillamente via Bologna in bicicletta, sotto la pioggia. Gli investigatori dell’Antiterrorismo e le Digos di Bologna e Ferrara si sono attivati dopo aver verificato che il telefonino di Anis aveva agganciato una cellula del centro cittadino. Hanno così proceduto ai controlli, individuando i due in bici e avvicinandoli, fingendo che si trattasse di un controllo di routine. Ai poliziotti Hannachi ha dato generalità false, ma le verifiche hanno permesso di accertare la sua reale identità. Prima era stato cercato infruttuosamente in altre aree della città, come allo studentato di vicolo Santo Spirito e altre tre quattro zone del centro. Dopo il fermo i controlli si sono diretti nell’appartamento, dove gli inquirenti hanno prelevato e sequestrato del materiale utile alle indagini ma nel periodo di tempo in cui è stato a Ferrara non avrebbe avuto contatti esterni sospetti.
Altro elemento da chiarire è se Hannachi – che in città è giunto tra il 4 e il 5 ottobre, dopo aver lasciato la sua prima traccia italiana in Liguria – fosse a Ferrara solo di passaggio, diretto chissà dove, oppure se avesse intenzione di rimanerci e, in caso affermativo, per fare cosa? Solo nascondersi o qualcosa di più?
Seppure, come affermato dal questore Antonio Sbordone, al momento non c’è alcuna indicazione sulla presenza di un’eventuale cellula jihadista a Ferrara, gli inquirenti stanno approfondendo le indagini per capire se ci sia qualcosa di più di cui venire a conoscenza. Cosa non affatto scontata anche per via della mutazione che il terrorismo islamista ha subito in questi anni, divenuto molto meno organizzato e diretto e più legato a gesti estemporanei di “lupi solitari” che fanno tutto da soli o all’interno di cerchie ristrette e autonome, rendendo il loro contrasto e la prevenzione molto più difficili.
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