Cronaca
18 Luglio 2017
Un uomo di 47 anni era finito in custodia cautelare per spaccio, ma è stato assolto pienamente da ogni accusa

In carcere per ventitré giorni, ma era innocente

di Daniele Oppo | 2 min

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Lagosanto. Ventitré giorni di carcere, in custodia cautelare, accusato insieme ad altre persone di far parte di una rete di spacciatori. Durante alcune conversazioni intercettate nel 2012 dagli inquirenti avrebbe usato un linguaggio in codice: “Aspetto il pagamento della ringhiera” o del cancello, per indicare i soldi provenienti dallo spaccio da utilizzare per acquistare una nuova fornitura. I tanti capi d’accusa dicono che prendeva quantità non accertate di cocaina, per venderla a terzi non identificati.

Ventitré giorni di ingiusta detenzione per un uomo senza precedenti penali. E nessun linguaggio in codice: i pagamenti per ringhiere e cancelli li aspettava davvero, perché di professione faceva il fabbro. E sì, ne usava una parte per acquistare dello stupefacente, ma era per sé: dosi per uso personale, non per lo spaccio, come anche uno degli altri accusati – giudicati in separati processi – ha ammesso.

E per E.B., 47 anni di Lagosanto è arrivata finalmente la fine di un incubo: l’assoluzione da parte del giudice Alessandra Lepore, così come chiesto dai suoi legali (avvocati Alberto Bova e Marcello Vescovi) ma anche dalla stessa procura.

Un’assoluzione totale – “perché il fatto non sussiste” – da un’accusa talmente grave che non solo gli ha rubato quasi un mese di vita, ma gli ha fatto anche perdere le commesse dai clienti e il lavoro, ritrovato solo più tardi, ma come operaio. E oggi, finalmente, ritrova anche la giustizia, ma non quei ventitré giorni, quelli nessuno glieli potrà restituire.

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