Politica
30 Settembre 2016
Internazionale. Apprezzamenti per riforma costituzionale e Jobs Act. Jozsef: “ dibattito italiano surreale”

Renzi e il referendum visti dagli altri

di Ruggero Veronese | 3 min

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index2 Chissà cosa penserebbe John Phillips, l’ambasciatore americano nell’occhio del ciclone per aver appoggiato il ‘sì’ al prossimo referendum costituzionale, nell’assistere alla conferenza del festival di Internazionale sulle riforme renziane. Un incontro in cui anche i tre giornalisti esteri Eric Jozsef (Liberation – Francia), Regina Krieger (Handelsbaltt – Germania) e Tom Kington (The Times – Regno Unito) hanno dato il proprio endorsement alla più discussa riforma italiana oggi in cantiere, arrivando addirittura ad auspicare – più per mancanza di alternative, in realtà – la tenuta dell’attuale maggioranza.

D’altra parte il senso del festival e del settimanale da cui deriva è proprio questo: riuscire ad osservare la politica italiana da una prospettiva esterna e indipendente dalle fazioni e dalle “tribù politiche” (come direbbe Jozsef) che ne agitano il dibattito. E infatti sia le critiche che gli apprezzamenti a Renzi suonano quasi inediti al pubblico italiano: per chi proviene da bicameralismi imperfetti e repubbliche presidenziali ha poco senso paragonare la riforma costituzionale a una “deriva autoritaria”, mentre assumono molto più rilievo temi come l’equilibrio tra Unione Europea e l’esecutivo italiano, incapace di ottenere gli strumenti per portare avanti politiche (soprattutto economiche) ad ampio raggio.

Lo spiega efficacemente Jozsef, giudicando il dibattito italiano “surreale, con un clima da guerra civile. Per un francese – sostiene il giornalista – sembra di essere tornati al 1958, quando De Gaulle trasformò un sistema simile a quello italiano attuale nella Quinta Repubblica che abbiamo oggi. Dall’opposizione, Mitterand (nel ’64, ndr) definì questo rafforzamento dell’esecutivo un ‘colpo di Stato permanente’, ma dopo essere stato eletto cambiò improvvisamente idea e lo trovò bellissimo”.

index1Proprio in tema di referendum l’inglese Kington sottolinea uno dei problemi del governo e dell’attuale sinistra: una comunicazione assente o lacunosa con la base elettorale. Il giornalista del Times racconta di non essere riuscito a capire i dettagli tecnici della riforma fino all’incontro privato con un deputato: “Gli ho chiesto: ma perchè le stesse cose che hai detto a me non le spiegate anche ai cittadini?”. Il tema posto da Kington non riguarda soltanto l’efficacia della comunicazione, ma anche la sua correttezza: l’impressione del giornalista è che, nel cercare di rendere più accattivante le informazioni, l’esecutivo renziano tenda anche a tralasciare e a far passare in secondo piano gli aspetti che potrebbero risultare più ostici o impopolari.

Sotto questo punto di vista, tutti i tre giornalisti invitano Renzi a un rapporto più trasparente con gli elettori e a una comunicazione meno populista, oltre che a rinunciare al ruolo da “uomo solo al comando” per dare spazio anche ai ministri che vivono alla sua ombra. “Renzi è il peggior nemico di se stesso”, sintetizza il moderatore Jacopo Zanchini in tema di comunicazione politica, ma nonostante ciò per la tedesca Krieger, che spende parole positive per il Jobs Act, l’attuale premier italiano è quello che “ha ricevuto più supporto dalla Merkel” e che “anche se rischia di perdere il governo, deve portare avanti le riforme”.

Come coniugare le riforme politiche con un rapporto trasparente con gli elettori? A proporre una soluzione è Jozsef: “Io consiglierei a Renzi di personalizzare ulteriormente il referendum e dire che, se vince il sì, si dimetterà e si tornerà alle elezioni. In questo modo avrebbe più possibilità di far passare la riforma e partirebbe in una posizione di vantaggio alle prossime elezioni”. Idea in effetti inedita e che potrebbe rivelarsi efficace, ma conoscendo il premier difficilmente verrà presa in considerazione.

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