Attualità
8 Febbraio 2016
Secondo l'esposto la contaminazione delle acque sotterranee è rimasta costante fino al 2015. In quell'area oggi si coltiva soia

Ci sono veleni sotto l’ex discarica di Ca’ Leona?

di Daniele Oppo | 5 min

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ca' leona discaricaChiedono di verificare che tutte le attività di rilevamento dell’inquinamento sia del suolo che delle acque nelle adiacenze della ex discarica Ca’ Leona siano state opportunamente svolte e se siano stati fatti anche gli opportuni controlli sui prodotti agricoli coltivati in quel terreno.

È il contenuto dell’esposto – di cui Estense.com è venuto a conoscenza – presentato da Luigi Gasparini (referente provinciale dei Medici per l’Ambiente-Isde Italia), Stefano Bulzoni e Vanna Ruggeri e indirizzato alla procura di Ferrara, al Noe di Bologna e al Nucleo investigativo dei carabinieri di Ferrara.

Un testo lungo e complicato – pieno di riferimenti alle normative sull’inquinamento ambientale, alla storia della ex discarica, ai risultati dei rilievi effettuati negli anni da Arpa – che esprime preoccupazione per le sorti della salute pubblica dovuta al fatto che in quell’area oggi – secondo la denuncia – si coltiva soia, con il dubbio che sia in qualche modo inquinata dalle sostanze nocive che avrebbero contaminato terreno e acqua.

L’area in questione, di 32 ettari, in via Eridano, è stata discarica attiva dal 1970 al 1983. Le altre due parti della discarica sono quella dove da qualche anno sorge il parco fotovoltaico e quella di 10 ettari, attiva dal 1990 al giugno 1993, delimitata da una grande vasca impermeabilizzante.

Un esposto – che riprende e intende completare uno precedente, presentato dal solo Bulzoni, del 2014 e che a sua volta aggiornava quanto portato all’attenzione delle autorità già quattro anni prima e successivamente archiviato – in cui si chiede di valutare eventuali profili di illiceità penali e di individuare eventuali responsabili oltre che “disporre con urgenza gli opportuni accertamenti in ordine ai fatti esposti per salvaguardare la salute dei cittadini”.

Secondo i tre ambientalisti “l’inquinamento delle acque sotterranee adiacenti a suddetta ex-discarica Ca’ Leona si ritiene sia stato determinato dal fatto che suddetta area è stata adibita a discarica comunale prima dell’entrata in vigore del Dpr 915/82 e della Deliberazione 27 luglio 1984 e pertanto si ritiene che suddetta discarica non sia stata gestita secondo i criteri restrittivi di tutela dell’ambiente e della salute previsti da suddette normative, perché successive, e comunque si ritiene che non sia stata gestita secondo i principi di cui alla lettera b) dell’art. 1 del suddetto DPR 915/82″ che, in sostanza, impone di rispettare le esigenze igienico-sanitarie ed evitare ogni rischio di inquinamento dell’aria, dell’acqua, del suolo e del sottosuolo.

Di rilievo particolare è l’affermazione in base alla quale “risulta da testimonianze che in suddetta area, oltre a rifiuti urbani, siano stati depositati anche rifiuti sanitari e rifiuti pericolosi di origine artigianale e anche industriale”. In particolare viene citata un’intervista di un operatore Amiu (l’azienda che gestiva allora le attività di smaltimento dei rifiuti per conto del Comune) al ‘Carlino’ nell’aprile 2009 e già menzionata nel suo esposto da Bulzoni.

Nel testo si ricorda che la discarica di Casaglia sia stata “abusiva dalla nascita (1970), alla chiusura (1993)” e che sia stata sede finale per “rifiuti di ogni genere: dagli Rsu (rifiuti solidi urbani, ndr) degli altri comuni ai tossici e nocivi che il Comune comperava dalle industrie chimiche, dall’ospedale e dai cimiteri (come nel quadrante est dal 1950 al 1970). Il Comune – si legge ancora –  ha messo le fatture di acquisto di questi rifiuti nei bilanci Amiu, approvati all’unanimità dai consiglieri comunali di maggioranza e opposizione. La discarica Casaglia è stata dichiarata abusiva con sentenza n° 679 del Pretore di Ferrara, il 26 settembre 1995. Questa sentenza è stata pronunciata a seguito di circostanziate denunce e successive indagini dei carabinieri concluse nel giugno 1994″.

Al momento il sito sembra essere di proprietà di un’azienda agricola e ai denuncianti “Risulta che, in base ad alcuni rapporti di prova di campioni di acque sotterranee nei pozzetti di controllo vicine alla ex-discarica Ca’ Leona” raccolti da Arpa tra 2003 e 2008, “ci siano stati costantemente parecchi superamenti dei valori di concentrazione limite accettabili per le acque sotterranee […] di alcune sostanze chimiche, di cui alcune molto pericolose per la salute”.

Queste sostanze – secondo i firmatari dell’esposto – sarebbero Ferro, Manganese, Arsenico, Solfati, Cvm (monocloruro di vinile), Nichel, Tetracloroetilene, Benzo(g,h,i)perilene, Triclorometano, Piombo, Benzene, Pcb, Alluminio, 1,2-Dicloropropano e Zinco. Stessa cosa sarebbe accaduta tra 2009 e 2015 con superamenti per 1,2-Dicloropropano, Arsenico, Ferro, Manganese, Solfati, Nichel, Mtbe, Alluminio, Nitriti, Cvm e Antimonio.

Gasparini, Bulzoni e Ruggeri evidenziano come nella prima lettera relativa ai rapporti di prova del 25 settembre 2003 – inviata non solo alla Procura ma anche a Comune, Provincia, Regione e Ausl – l’Arpa trasmetteva il tutto “per gli eventuali provvedimenti di competenza […], con particolare riferimento agli interventi di messa in sicurezza di emergenza”, ma – scrivono i tre – “non risulta che siano stati fatti interventi di messa in sicurezza d’emergenza per evitare l’estensione dell’inquinamento delle acque sotterranee nelle aree adiacenti”.

“Concentrazioni così elevate di molte sostanze pericolose per la salute riscontrate in eccesso nei campioni di acque sotterranee – si legge nell’esposto – pericolose in particolare perché anche potenzialmente assimilabili dalle colture vegetali in atto nell’area suddetta ed anche nelle aree adiacenti, destano motivate preoccupazioni sanitarie anche perché la contaminazione delle acque sotterranee non ha dimostrato significative diminuzioni nel corso del tempo e neanche negli ultimi anni dal 2010 al 2015”.

Il riferimento è in particolare ai “valori molto elevati di sostanze chimiche pericolose come Pcb, Arsenico, Piombo, Nitriti, Nichel, Alluminio, Antimonio, e di altre sostanze cancerogene e tossiche che possono entrare nella catena alimentare impregnando di esse il terreno direttamente tramite le acque sotterranee e/o tramite la pratica dell’irrigazione con acque superficiali dei corsi idrici adiacenti che potrebbero essere altrettanto contaminate per la notoria correlazione tra inquinamento delle acque della falda superficiale e inquinamento delle acque superficiali dei corsi idrici adiacenti”.

Un nodo più specifico è relativo alla presenza o meno di Cromo esavalente in alcuni campioni di grano coltivati in Ca’ Leona, per il quale già nel 2009 erano state chieste analisi specifiche, prima non effettuate. “La presenza di cromo esavalente nei prodotti agricoli – recita il documento – non è da escludersi visti i rapporti di prova di campionamenti eseguiti da Stefano Bulzoni il 28 marzo 2011 sui fanghi (sedimenti) e sulle acque superficiali vicine a 2 pozzi piezometrici e sul grano coltivato nell’area suddetta – si legge nell’esposto -: la concentrazione di cromo esavalente è risultata rilevante e ampiamente fuori norma nel sedimento del fosso vicino al pozzo 1”. Un controllo che non si capisce se sia stato svolto anche dall’Arpa nel periodo 2003-2015.

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