Cronaca
11 Dicembre 2015
Il professor Mazzanti è a Parigi per la COP21

Unife alla conferenza sul clima

di Redazione | 3 min

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Massimiliano MazzantiMassimiliano Mazzanti del dipartimento di Economia e Management dell’Università di Ferrara, si trova in questi giorni a Parigi dove sta partecipando alla ventunesima Conferenza Parigi 2015 sul Clima, COP21, che terminerà domani, venerdì 11 dicembre.

“La conferenza sul clima di Parigi – spiega Mazzanti – vede 195 paesi impegnati a definire un accordo per stabilizzare la temperatura del globo entro 1.5-2 c°, ovvero ridurre le emissioni di gas serra prodotti dalle attività economiche, imprese e famiglie, fino a un -80-90% entro il 2050 rispetto ai livelli 1990. Finora, anche se nel 2015 per la prima volta Cina e Usa vedono una riduzione dei gas serra in un momento di crescita economica, solo l’Europa è riuscita ad allinearsi agli obiettivi fissati a Kyoto nel 1997. L’Europa propone ora gli obiettivi più radicali -20% entro il 2020 e -40% entro il 2030. Con la chiusura della COP, in piena contrattazione politica, tre sono i temi interessanti. Il primo è il sempre più marcato problema distributivo. Se è vero che nel futuro la maggior parte delle emissioni le produrranno Cina e India, oggi i 3,5 miliardi di persone più povere emettono emissioni (15%) pari ai 70 milioni più ricchi. I più ricchi emettono a testa 50 volte le emissioni dei più poveri. Questo può suggerire come suddividere la quota di finanziamento e supporto tecnologico tra i paesi ‘avanzati’. I cento miliardi circa di cui si discute sono tuttavia insufficienti: occorre che chi ha più risorse pubbliche e private – nei paesi avanzati ed anche emergenti – faccia più sforzi per aiutare le contrattazioni. Un secondo punto di novità è l’Africa, che per la prima volta ha parlato con una voce unica. Il continente emette ora il 4% del totale e riceve i costi maggiori. Vanno integrate le politiche di cooperazione per favorire trasferimenti tecnologici e limitare i flussi migratori verso nord causati da condizioni climatiche peggiorate nell’equatore. Il terzo punto riguarda il ruolo chiave di Cina e USA. La Cina sta riducendo le emissioni limitando l’uso del carbone, ma deve fare di più. Gli USA realisticamente non possono firmare un ‘trattato’, che necessita della maggioranza impossibile di 2/3 del Senato, ma un accordo, che si basa quindi su legislazione internazionale attuale. Dentro questi limiti, la conferenza rimane comunque un grande esercizio di cooperazione, diplomazia, collaborazione internazionale”.

“Appare oggi improbabile che si arrivi a un accordo tipo Kyoto in merito a limiti alle emissioni – conclude Mazzanti – L’Europa rimarrà solo in questa direzione, con la sua politica di efficienza energetica e il più grande mercato mondiale delle emissioni. L’accordo verterà su incrementi della trasparenza dei registri di emissione e monitoraggi costanti delle politiche nazionali. La riduzione delle emissioni non si baserà su obiettivi specifici, che non sono realisticamente controllabili, ma sulla ‘reputazione’ che i paesi potranno acquisire e spendere in campo nazionale ed internazionale agendo a favore del Clima”.

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