Cronaca
8 Maggio 2014
Il segretario ferrarese scrive al presidente della Repubblica: "A lei valutare se ne sia ancora degno"

Sap-Aldrovandi, chi applaudì riconsegna le onorificenze a Napolitano

di Redazione | 4 min

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foto caprini 1“Le comunico che intendo restituire quella medaglia e il titolo di Cavaliere della Repubblica, in quanto comincio a dubitare di esserne degno”. Continuano così, con una lettera scritta dal segretario provinciale del Sap – l’ispettore capo Luca Caprini – al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano gli strascichi della vicenda degli applausi rivolti a 3 dei 4 agenti di polizia condannati per l’omicidio colposo di Federico Aldrovandi durante l’assemblea nazionale del Sindacato autonomo di polizia.

“Le scrivo dopo una lunga sofferta riflessione – afferma Caprini nella sua lettera lunga 3 pagine -, al termine della quale ho amaramente dovuto ammettere a me stesso che la mia categoria professionale, anche quando svolge con dedizione e spirito di sacrificio il proprio dovere, viene posta da vaste fasce della popolazione, ma anche da  rappresentanti della politica, nel peggiore dei ruoli: in quello di oppressori e torturatori della povera gente”. “Non mi riconosco in siffatta definizione”, afferma Caprini che non esita ad attaccare i media, la politica alcuni gruppi d’opinione che “a mio modestissimo parere, non hanno sicuramente a cuore la pacifica convivenza tra le persone, l’ordine sociale e pubblico”. “Ogni comportamento di un appartenente alle Forze dell’Ordine – osserva il segretario provinciale del Sap – in questo Paese diviene oggetto di discussione, di critica, di attacco. Tutti si possono permettere di dire di tutto, senza che le istituzioni ribattano e nessuno li difenda. Il timore di reazioni politiche da parte avversa, soprattutto in fasi pre-elettorali, frena ogni possibilità di replica”.

Caprini ritorna poi sull’episodio dell’applauso durante l’assemblea nazionale: “Sono tra quelli che hanno applaudito i tre colleghi condannati per reato colposo in seguito alla tristissima vicenda della morte di Federico Aldrovandi – ammette l’ispettore capo che poi giustifca -. Mi creda, signor Presidente, l’applauso nulla aveva a che vedere con quanto a loro contestato e se così fosse sarei giustamente da considerare un essere dall’animo mostruoso e di nessun onore. L’applauso è nato al termine della presentazione di un’iniziativa che il mio Sindacato si appresta ad intraprendere – spiega – volta a fornire maggiori garanzie a cittadini e poliziotti. Si parlava di “verità e giustizia” e tutto ciò che si può fare affinché queste due parole si possano tradurre in realtà. In quel consesso, svoltosi a porte chiuse, erano presenti tre dei condannati per la vicenda Aldrovandi. Durante la citata presentazione, sono state illustrate anche alcune proposte, come l’utilizzo delle telecamere, che avrebbero certamente evitato qualsiasi polemica processuale, sulla dinamica degli eventi o il comportamento dei protagonisti”.

Caprini spiega anche il perché di quel gesto che tante polemiche e prese di posizione ha sollevato: “Lo stimolo che mi ha portato a indirizzare una parte del mio applauso ai tre colleghi è, forse, il medesimo che porta Lei a recarsi nelle carceri non certo per avallare i crimini commessi o giustificarli e neppure per mancare di rispetto al dolore delle vittime dei crimini e alle loro famiglie. Il Suo gesto, per certo, è da ricondursi ad una doverosa manifestazione di carità umana e di misericordia nei confronti di chi soffre e patisce, fosse anche colpevolmente. Ai miei colleghi – osserva  – non è stata concessa nessuna delle garanzie che vengono offerte ai peggiori delinquenti e nessuno dei benefici che vengono riconosciuti a tutti i cittadini, soprattutto se incensurati e con stati di servizio in Polizia immacolati. Hanno subito e subiscono una campagna mediatica che li ha disumanizzati, vengono chiamati assassini in ogni occasione, nonostante che i due gradi di giudizio di merito e quello di legittimità abbiano parlato sempre di eccesso colposo, vale a dire di evento conseguente a condotta non dolosa e, dunque, non volontaria, e nonostante non siano stati ritenuti responsabili dei reati di falso, lesioni, abuso d’ufficio, omissioni, ecc. I loro nomi e le loro fotografie – prosegue Caprini – sono sui siti di area antagonista e subiscono pressioni e minacce d’ogni sorta”.

“Il povero Federico Aldrovandi è la prima vittima di questa storia, la sua famiglia soffre tutt’ora per la gravissima perdita, ma – afferma ancora Caprini – anche i miei colleghi pagheranno per tutto il resto della loro vita il fatto di essersi trovati per dovere, in quel posto ed in quel momento in una situazione difficilmente gestibile”. “Signor Presidente – continua Caprini – durante questi miei anni di servizio, tra gli altri riconoscimenti, ho ricevuto anche una medaglia al valor civile per aver tratto in salvo una donna dall’annegamento. Ho fatto, nell’occasione, il mio dovere e qualcuno ha mi ha ritenuto meritevole di encomio pubblico. Svolgo tutt’ora mansioni operative. Stante le attuali condizioni e le dotazioni, potrei trovarmi a contenere persone in stato di alterazione psico-fisica. Mi è già successo tante volte e spesso mi sono reso conto che le cose sono andate bene unicamente per buona sorte; mi sono trovato coinvolto in colluttazioni che ho fatto di tutto per evitare. Durante le stesse l’incolumità dei soggetti da fermare e quella degli operatori ha corso gravi rischi. Fortunatamente le cose, almeno nei casi in cui sono stato coinvolto, sono andate bene. In caso contrario sarei stato messo alla berlina come il peggiore degli esseri umani.  Signor Presidente – conclude Caprini – rimetto nelle sue mani la Medaglia di Bronzo al Valore Civile e il titolo di Cavaliere della Repubblica. A Lei valutare se io sia ancora degno di appuntare queste onorificenze sul mio petto”.

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