Politica
4 Agosto 2013
Gigante: “A livello locale ha il monopolio della cultura giovanile grazie all'Arci”

Niente musica per il Pd, il pensiero politico degli Impact

di Ruggero Veronese | 4 min

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Alberto 'Gigo' Gigante

Alberto ‘Gigo’ Gigante

Ha senso boicottare un festival musicale per dare un messaggio politico? Secondo gli Impact, storico gruppo italiano hardcore punk degli anni ’80 originario di Ferrara, la risposta è indubbiamente sì. La scelta di annullare la partecipazione a “What is Rock”, nell’ambito della festa del Pd di Portomaggiore (vai all’articolo), ha visto nascere un acceso dibattito tra chi appoggia la scelta di una band da sempre “antagonista” verso le classi dirigenti e chi lamenta la “poca coerenza” di chi in passato ha partecipato più volte, e senza sollevare simili polveroni, a eventi simili. Discorsi che fanno passare in secondo piano gli sviluppi politici più recenti e i veri argomenti che hanno portato al passo indietro del gruppo ferrarese. Che parte soprattutto da una critica – e autocritica – al mondo musicale per dare una scossa alla società.

“Facendo autocritica ci rivolgiamo anche a tutto il nostro ambiente, che ha sempre parlato soprattutto a se stesso senza impegnarsi direttamente nelle questioni pubbliche. Ma i giochi politici del Pd sono ormai così palesi che diventa necessario prendere delle decisioni, anche in una città piccola come Ferrara in cui a volte si sceglie di non far rumore per non guastare rapporti personali”. Chi parla è Alberto “Gigo” Gigante, batterista della band nonché videomaker “impegnato” con documentari e reportage sul Medio Oriente e la Palestina. Il suo discorso si divide su due filoni: da un lato le riflessioni sul Pd nazionale, visto, più che come partito, come un “trabocchetto per chi culturalmente si identifica a sinistra”, dall’altro le ripercussioni sul piano locale, dove il Partito Democratico “ha il monopolio della cultura giovanile anche grazie al suo principale strumento: l’Arci”.

Il rifiuto degli Impact a partecipare al What is Rock deriva principalmente da quanto accaduto dopo le elezioni politiche. “Abbiamo informato gli organizzatori in aprile della nostra decisione – specifica Gigo – dopo aver osservato cosa stava accadendo in Italia. Già con il supporto al governo Monti, che negava ogni necessità di consenso popolare, il Pd aveva messo in discussione il suo falso mito di apparenza alla sinistra. Poi è arrivato il terzo incomodo, il Movimento 5 Stelle, che li ha costretti a venire definitivamente allo scoperto. Da allora non hanno più pudori. Anche noi eravamo caduto di nuovo nel tranello, ma di fronte agli ultimi eventi abbiamo preso la nostra decisione”.

E gli Impact non mancano di citare i vari peccati di cui si è macchiato il centrosinistra negli ultimi mesi, dall’affidamento del Copasir alla Lega Nord al polso non proprio di ferro mostrato dal premier Letta durante il caso kazako. Giochi di equilibrismo e di potere in cui, secondo gli Impact, il partito che ha raccolto l’eredità di Ds e Pci gioca un ruolo chiave. “Il principale garante di questa condizione è il Pd, non il Pdl – afferma Gigo -, così come è il responsabile di gravi danni economici per motivi politici. Basta pensare alle Coop: un monopolio della grande distribuzione che crea posti di lavoro per pochi e distrugge tutto il resto, a partire dal commercio locale. E questo fatto viene legittimato dalla mentalità diffusa, dal momento che i nostri genitori e nonni sono cresciuti col mito di una Coop “rossa” e vicina ai cittadini”.

E così mentre da un lato il Pd cerca di “spacciarsi” agli elettori come partito di centrosinistra, il suo operato mostrerebbe un indirizzo ben diverso. Un discorso che per gli Impact coinvolge tutto il mondo dell’Arci, “che era nato come un modo di fare aggregazione ma che oggi è una società monopolistica della cultura e dello sport, che rende impossibile creare una realtà o un appuntamento fisso senza essere avvicinati o inglobati dall’Arci, come è successo a molti festival ferraresi”. Uno strumento, secondo la band, con cui il Pd alimenta la propria “falsa immagine”. “In questo ambito il meccanismo della propaganda – afferma Gigante – non sta nel fare comizi prima dei concerti, ma nel monopolizzare la cultura sotto al proprio simbolo: chi fa parte di quel mondo finirà facilmente anche in quell’area politica”. E nel motivare le proprie affermazioni gli Impact non hanno timore a fare nomi: “Sappiamo che l’Arci non fa parte del partito, ma non è un caso se quelli che arrivano ai vertici dell’associazione fanno carriera nell’amministrazione. Basti pensare agli ultimi due assessori alla cultura di Ferrara. E Ronchi (dei Verdi, ndr) adesso è arrivato a Bologna”.

Per rompere questi equilibri è necessario, secondo i veterani del punk ferrarese, mirare direttamente al bersaglio grosso: il partito, senza timore di intaccare i rapporti personali: “Alcune star come la Mannoia hanno firmato l’appello del Fatto Quotidiano per salvaguardare la costituzione, ma da decenni sono pilastri portanti delle feste del partito in tutta Italia. Se anche personaggi come questi si staccassero, dicendo ai dirigenti che sono degli impostori, si comincerebbe a muovere qualcosa. Dobbiamo mettere in evidenza le contraddizioni del mondo partendo da noi stessi e per questo il nostro appello è rivolto soprattutto a quelli del Pd in buona fede e agli stessi organizzatori di What is Rock: il prossimo anno organizzate il festival senza il partito. È necessario dare un segnale forte anche se qualcuno, a Ferrara, finirà per toglierti il saluto”.

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