
Lucia Uva, sorella di Giuseppe
Il caso Uva entra in parlamento grazie a una interrogazione a risposta immediata presentata dal parlamentare 5 Stelle di Ferrara Vittorio Ferraresi. Al ministro Cancellieri il deputato chiede di assumere “iniziative ispettive presso la procura di Varese ai fini dell’esercizio di tutti i poteri di competenza, ivi compresa la promozione dell’azione disciplinare”.
Il caso Uva è uno dei casi giudiziari più travagliati della recente cronaca nera italiana, assimilato per alcuni aspetti a quelli di Aldrovandi e Cucchi, tanto che ad assistere la sorella della vittima, Lucia, è Fabio Anselmo, lo stesso avvocato che ha seguito le famiglie di Federico e Stefano.
La vicenda nasce nella notte tra il 13 e il 14 giugno 2008. Giuseppe Uva e Alberto Biggiogero vengono portati in caserma dai carabinieri di Varese, senza alcuna formale attività di polizia e nessun verbale d’arresto, in seguito a comportamenti molesti durante i festeggiamenti per la vittoria della Nazionale di calcio.
Lo stesso 14 giugno, successivamente al ricovero in regime di trattamento sanitario obbligatorio, muore a soli 43 anni presso il reparto di psichiatria dell’ospedale di circolo di Varese Giuseppe Uva. La procura di Varese indaga i medici che avevano preso in cura Uva prima del decesso e ne chiede successivamente il rinvio a giudizio per omicidio colposo. Il processo si risolverà con l’assoluzione e con la trasmissione degli atti al pubblico ministero in riferimento a quanto avvenuto tra l’intervento dei carabinieri e l’ingresso di Giuseppe Uva al pronto soccorso. Il giudice ha ritenuto infatti che si dovessero, invece, vagliare le condotte di tutti i soggetti che erano intervenuti dopo il suo arresto e fino al suo ingresso in ospedale. Secondo il tribunale di Varese: «Va rimarcato con chiarezza come costituisca un legittimo diritto dei congiunti di Uva Giuseppe – innanzitutto sul piano dei più elementari sentimenti propri della specie umana – conoscere, dopo quasi quattro anni, se negli accadimenti intervenuti antecedentemente all’ingresso del loro congiunto in ospedale siano ravvisabili profili di reato; e ciò tenuto conto che permangono ad oggi ignote le ragioni per le quali Uva Giuseppe è stato prelevato e portato in caserma, così come tuttora sconosciuti rimangono gli accadimenti intervenuti all’interno della stazione dei carabinieri di Varese ed al cui esito Uva – che mai in precedenza aveva manifestato problemi di natura psichiatrica – verrà ritenuto necessitare di un intervento particolarmente invasivo quale il trattamento sanitario obbligatorio”.
In tutto questo ferraresi rimarca il fatto che “non è stato mai ascoltato dal pm Agostino Abate, titolare dell’indagine, Alberto Biggiogero, l’amico condotto in caserma insieme a Uva, “il quale ha, fin dal giorno successivo alla morte di Giuseppe, formalmente denunciato di aver sentito le sue grida atroci provenire dalla stanza dove era stato rinchiuso, tanto da chiamare dalla stessa caserma il 118 per chiedere un intervento, successivamente negato, per ordine proveniente dalla stessa caserma dei carabinieri”.
Al oggi l’iter giudiziario ha visto il pm chiedere l’archiviazione del procedimento, richiesta respinta dal gip Giuseppe Battarino. Nel mentre lo stesso pm, a fine marzo 2013, “ha comunicato la conclusione delle sue indagini per reati di diffamazione a carico di Lucia Uva, nonché di responsabili della trasmissione televisiva «Le Iene». La nipote di Giuseppe Uva, Angela De Milato, ha successivamente sporto una denuncia innanzi alla procura di Brescia nei confronti del dottor Abate per le condotte tenute in relazione al fascicolo 5509/09, denunciando un’illecita «cestinazione» delle notizie di reato inerenti quanto occorso in caserma, senza la dovuta sottoposizione al giudice per le indagini preliminari degli esiti delle indagini compiute sul punto dalla procura, così di fatto integrando condotte di abuso d’ufficio e favoreggiamento nei confronti dei soggetti che potenzialmente potrebbero essere sottoposti ad indagini”.
Intanto un altro ostacolo si frappone alla richiesta di verità di Lucia Uva: il 16 giugno 2014 interverrà la prescrizione dei reati inerenti la fase di trattenimento di Giuseppe Uva prima dell’ingresso in pronto soccorso, ipotizzati nella denuncia delle sorelle di Giuseppe Uva: arresto illegale ex articolo 606 del codice penale, omicidio colposo, lesioni personali aggravate dalla qualifica di pubblico ufficiale, violenza privata.
“La morte di Giuseppe Uva – scrive Ferraresi – resta tuttora senza colpevoli, in quanto il gup di Varese, Giuseppe Fazio, il 16 aprile 2013 ha prosciolto il dottor Matteo Catenazzi e assolto la dottoressa Enrica Finazzi dall’accusa di omicidio colposo; il gip Giuseppe Battarino, lo scorso 20 luglio, non ha accolto la richiesta di archiviazione depositata dal pm Abate”.
E nei suoi rilievi il gip fa notare che “l’iscrizione delle persone presenti all’interno della caserma dei carabinieri, per le quali ora si chiede l’archiviazione, è avvenuta solo il 7 maggio 2013”, ovvero dopo 5 anni dalla morte di Giuseppe Uva, e ricorda che “la stessa qualificazione giuridica dei fatti come indagati per mere lesioni personali semplici, contraddice gli esiti argomentativi della sentenza” che assolve il medico Fraticelli, e risulta, quindi, “apodittica, a fronte di un evento – la morte di Giuseppe Uva – da ritenersi allo stato privo di spiegazione giudizialmente accertata”.
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