Cronaca
29 Maggio 2013
Le indagini partirono dalla procura estense che lo indagò nel 2010

Ciancimino arrestato dalla Gdf di Ferrara

di Marco Zavagli | 2 min

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massimo-ciancimino-400x222C’è un arresto eccellente nell’operazione condotta dalla Guardia di Finanza di Ferrara e coordinata dalla Dda di Bologna. Nell’ambito dell’esecuzione delle tredici misure cautelari emesse dal gip Bruno Perla c’è anche il nome di Massimo Ciancimino, il testimone chiave del processo per la trattativa Stato-mafia appena aperto a Palermo.

Il figlio del sindaco mafioso di Palermo era finito nel registro degli indagati della procura di Ferrara già nel gennaio del 2010 (vai all’articolo). Per lui le accuse andavano allora dalla truffa ai danni dello Stato all’associazione a delinquere, dalla falsità in scrittura privata alla distruzione di documenti contabili, fino al mendacio bancario. In quell’occasione le indagini erano partite quasi per caso, da un normale controllo fiscale nel gennaio 2008, con la perquisizione degli uffici della società in cui vennero trovati i primi documenti riconducibili alla Errelle, ditta con sede legale prima a Reggio Emilia, poi trasferita formalmente a Panama.

In base alle indagini di allora, portate avanti dai pm della procura di Ferrara Nicola Proto e Barbara Cavallo e poi trasferite per competenza alla Direzione distrettuale Antimafia di Bologna, si parlava di un volume di affari acquisito attraverso la commercializzazione dell’acciaio nel periodo giugno 2008-gennaio 2009 superiore ai 10 milioni.

Ora le indagini si chiudono con il fermo di Ciancimino (che ora si trova nel carcere Pagliarelli di Palermo), accusato di associazione a delinquere ed evasione fiscale Tra i reati contestati nell’ambito dell’inchiesta ci sono anche frode fiscale, bancarotta fraudolenta, contrabbando, mendacio bancario, sostituzione di persona, falso in scritture private, falso commesso da incaricato di pubblico servizio. Oltre a Ciancimino, l’accusa di associazione a delinquere pende su Patrizia Gianferrari di Riccione, rappresentante di affari, e Gianluca Apolloni di Roma, il commercialista che si sarebbe occupato di far “scomparire” le aziende a Panama, e Paolo Signifredi di Parma. Gli altri cinque finiti in manette sono Mario Carlomagno e Mario Paletta di Potenza, Massimiliano Paletta di Ferrara, Valter Lotto di Reggio Emilia e Ennio Ferracane di Bergamo. Ai domiciliari sono finiti Giulio Galletto di Rovigo, Armido Manzini di Modena (che era l’uomo incaricato di cercare aziende inattive da riutilizzare per le frodi dell’associazione), Elena Pozzati di Ferrara e la marocchina Etois Safà. Obbligom di firma infine per Tonino Paletta.

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