Cronaca
31 Gennaio 2013
Svelata la rete imprenditoriale cinese che evadeva il fisco attraverso false fatture

Luna d’Oriente 2: “I cinesi hanno imparato da noi”

di Ruggero Veronese | 2 min

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DSC07976“Questa in realtà è la tipica fenomenologia italiana. Hanno imparato da noi, e bene”. È così che il capitano Domenico Messina della guardia di finanza ha descritto gli evasori fiscali di origine cinese venuti a galla durante l’operazione “Luna d’oriente 2” (vai all’articolo). Un caso assai diverso dai numerosi episodi di indotto sommerso e di lavoro nero di molti imprenditori cinesi scoperti in questi anni: questa volta infatti le aziende al centro dell’indagine sono tutte iscritte agli albi delle camere di commercio, e i dipendenti assunti tramite regolari contratti.

Il tutto è partito nel novembre del 2011, quando i finanzieri della tenenza di Cento cominciarono a investigare sulle fatture emesse da tre aziende locali, riguardanti alcuni lavori di rifinitura eseguiti per varie imprese tessili sparse in Emilia Romagna. Una rete composta totalmente da imprenditori cinesi, che a quanto pare utilizzavano le fatture provenienti dal centese per abbassare il proprio utile imponibile, rendendosi così più competitive rispetto ai concorrenti. Il sospetto degli investigatori è nato inizialmente proprio dalle caratteristiche delle società “di rifinitura”, che non sembravano essere in possesso né dei mezzi tecnici né del personale per eseguire certi tipi di lavori.

“Siamo partiti da Cento – spiega il comandante provinciale della guardia di finanza, Sergio Giovanni Lancerin – ma l’attività si è diramata a tutta l’Emilia: Bologna, Modena, Rimini, Forlì. Abbiamo allargato parecchio il raggio d’azione, ma non si tratta di un’organizzazione criminale organizzata, quanto piuttosto di una rete di rapporti economici sviluppati sia tra ditte individuali che tra società più grandi, ma sempre legate tra loro da un filo di conoscenze”. L’evasione che ne è scaturita ha coinvolto 26 imprenditori e raggiunge cifre importanti: 24 milioni di euro dalle fatture false e 14 dai mancati versamenti, a cui si sommano altri 5 milioni di Iva dovuta al fisco. Per nove degli imprenditori indagati è scattato il sequestro preventivo di 3,3 milioni di euro, in beni divisi tra automobili, capitali e patrimoni immobiliari. Le aziende invece, ancora attive, sono state toccate solo marginalmente dall’inchiesta e il loro management è ora affidato all’amministrazione giudiziaria.

“In un certo senso si tratta di un salto di qualità rispetto alla prima indagine Luna d’oriente. – continua Lancerin – In questo caso infatti i soggetti coinvolti sono tutti integrati da anni nella società e nel territorio italiano, e i cui capitali sono stati investiti nel nostro paese invece di essere trasferiti in Cina. D’altra parte questo popolo ha sempre avuto una grande capacità di adattamento, e in questo caso si sono adeguati alle tecniche utilizzate dagli italiani per attutire gli effetti della crisi economica”.

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