Cronaca
22 Aprile 2017
Dopo l'incontro con il ministro Minniti: "Ci ha dato la sua parola che non molleranno la presa finché non troveranno l'assassino"

La lettera di dolore e rabbia dei figli di Verri

di Elisa Fornasini | 4 min

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“Non ci sentiamo soli ma spiazzati. Ci sembra di essere davanti al televisore a guardare un film, non è la nostra realtà”. Lo schermo proietta una pellicola terribile. Di un padre morto per mano di uno spietato assassino che ha impugnato la pistola prima ancora di pensare. Il film diretto da ‘Igor’ lo conoscono tutti.

E’ più difficile vedere quello che accade dietro le quinte. Lo schermo si oscura con il dolore e la rabbia di una famiglia che non riesce a darsi una spiegazione di quello che è successo. Di come un uomo indifeso e disarmato si possa trovare in una zona pericolosa, dritto nel mirino di un killer che aveva già colpito altre volte.

“Sapevo che mio padre era in pericolo, temevo per lui. Lo facevo sempre, ma in quei giorni ancora di più” racconta Francesca, 29 anni, secondogenita di Valerio Verri, la guardia volontaria uccisa da Norbert Feher. Lei e il fratello Emanuele, 38 anni, hanno appena incontrato il ministro dell’Interno Marco Minniti a Molinella, dove c’è il quartier generale per le ricerche del latitante serbo. Gli hanno consegnato una lettera scritta di proprio pugno, dove traspare tutta la sofferenza difficile da raccontare a parole.

Caro ministro,
noi siamo gente per bene e non sappiamo nemmeno come rivolgerci a lei. Siamo distrutti dal dolore per la perdita di nostro padre. Era un volontario al servizio del bene comune.
Noi le chiediamo soltanto due cose: che venga preso quell’assassino, ma le chiediamo anche di fare chiarezza su tutta questa vicenda e su come mai nostro padre possa essersi trovato indifeso in quella terribile situazione.
Nostro padre è morto sig. ministro.
Grazie.

Famiglia Verri Valerio

“Il ministro si è rivelato una persona cordiale, disponibile, seria. E’ venuto a fare le condoglianze a noi e a nostra madre, che non era presente per ovvi motivi – prosegue il racconto Emanuele -. Ci ha dato la sua parola d’onore che le forze dell’ordine non molleranno la presa per nessun motivo e continueranno a lavorare finché non fermeranno quella persona”.

Il nome dell’assassino non lo citano mai. Ma sanno di cosa è capace. “Non è pericoloso quello che fai? chiedevo sempre a nostro padre, soprattutto dopo il primo episodio a Consandolo, ce l’avevamo dietro casa – rivela Francesca che abita con la famiglia a Portomaggiore -. Gli dicevo che poteva andare a zappare l’orto o mettere a posto i suoi motori, insomma fare la vita da pensionato dopo 50 anni di lavoro. Ma lui non voleva e non ci ha mai fatto preoccupare, l’entusiasmo di fare quello che gli piaceva da quattro anni (ha iniziato nel 2013 a lavorare come guardia ambientale volontaria, ndr) cancellava tutto il resto”.

Ma l’impegno volontario di un “padre disponibile con tutti, molto legato alla famiglia, che per gli altri ha sempre dato tutto ai massimi livelli” come l’ha descritto il ministro ai suoi eredi, merita di cancellare un’intera esistenza? Assolutamente no, a meno che non ci sia un eventuale problema a monte. Come le possibili mancate disposizioni alle pattuglie su come comportarsi in caso di avvistamento dell’omicida.

Se il servizio di pattugliamento è attualmente sospeso per via della pericolosità della zona, perché non è stato bloccato prima, già il 29 marzo dopo la rapina a Consandolo o il 1° aprile dopo l’uccisione a Budrio? E’ la domanda che i figli di Verri hanno posto al legale Fabio Anselmo che sta preparando una richiesta di accesso agli atti per scoprire le modalità di svolgimento del servizio. Per capire perché il servizio non sia stato interdetto prima, per dare una risposta seppur parziale ai figli della vittima.

Le risposte ancora non ci sono, ma c’è la vicinanza, anche dello Stato. “Il ministro ha detto che quando arriveremo alla fine sarà felice di incontrarci per darci la spiegazione esatta di quello che è successo e per conoscere nostra madre – riferiscono Francesca ed Emanuele -. Noi gli abbiamo chiesto di aiutarci al massimo delle sue possibilità e di non dimenticarsi di noi. Anche il sindaco di Portomaggiore Nicola Minarelli, presente all’incontro, si è messo a completa disposizione”.

Impossibile dimenticare. E allora qual è l’ultimo ricordo di Valerio? “L’abbiamo sentito la mattina al telefono, come sempre, erano i discorsi di sempre – commenta Francesca -. Lui doveva entrare in pattuglia alle 13 e poche ore dopo ho letto la notizia su Facebook. E pensare che a cena, quando guardavamo il tg, si arrabbiava spesso del fatto che non riuscivano a prenderlo. Anche il ministro l’ha detto: sarà difficile e lunga tornare alla vita normale, sapendo che questo individuo è ancora in giro si fa ancora più fatica”.

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