Attualità
14 Marzo 2017
Carradori ai dipendenti: l’impianto di tritatura è stato costruito sottodimensionato

A Cona ora si puliranno a mano le padelle delle feci

di Redazione | 3 min

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A Cona si torna indietro di oltre 20 anni. Al periodo in cui i catini che accoglievano le deiezioni dei pazienti allettati venivano lavate a mano. Il dg Carradori, nel corso delle assemblee con gli operatori sanitari tenute la scorsa settimana, ha fatto sapere che i sistemi di macerazione delle padelle monouso – che si utilizzano ormai dagli anni ’90 negli ospedali – sono diventati inservibili.

Cosa è successo? L’impianto di smaltimento dei rifiuti biologici dei pazienti raccolti nei dispositivi monouso in cartapesta, meglio noto come “trita-padelle” “sarebbe stato costruito –come riferito agli operatori sanitari- sottodimensionato e pertanto non fruibile”. Lo denuncia il deputato del Movimento 5 Stelle Vittorio Ferraresi, che, di fronte a questo “ennesimo scandalo” che riguarda il nosocomio cittadino, annuncia la richiesta di invio dei Nas e il deposito di una interrogazione a risposta in commissione alla Camera ai ministri della Salute e dell’Economia.

Il sistema che riduceva in un’unica poltiglia biodegradabile i rifiuti biologici dei pazienti e le padelle monouso avrebbe ormai esaurito la propria capienza, perché progettato e realizzato con una portata insufficiente. Tanto che la ‘vasca’ sarebbe ormai satura dopo appena cinque anni, vale a dire dal giorno dell’apertura di Cona ad oggi.

Proprio un malfunzionamento nel sistema di collegamento all’impianto trita padelle, con lo sfilamento di un tubo, aveva provocato nel marzo 2013 l’incredibile episodio dei liquami che colavano dal soffitto del pronto soccorso.

Il triage del pronto soccorso dopo la caduta dei liquami

L’alternativa ora sarà quella di obbligare gli operatori sanitari – già sottodimensionati a livello di organico – a utilizzare padelle in plastica pluriuso che dovranno pulire e igienizzare manualmente. “Questo riporta il nosocomio indietro nel tempo in termini di strumentazione assistenziale di più di 20 anni – prosegue Ferraresi -. Ci chiediamo quali saranno le ricadute igienico-sanitarie sui pazienti ricoverati, sul carico di lavoro che si sta prospettando indecoroso e scandaloso per i lavoratori impiegati nella loro assistenza”.

“Oltre ad essere un problema igienico-sanitario – aggiunge la consigliera comunale Cinque Stelle Ilaria Morghen -, è anche un problema legale: chi han progettato l’impianto? e chi ha fatto il collaudo non si è accorto di nulla? della vicenda sono stati informati i magistrati inquirenti?”.

Alla nuova emergenza Ferraresi metti in fila “i costi del contratto di ProgEste, l’emorragia di pazienti verso Veneto e provincia di Bologna, l’insufficiente incremento e turnover del personale, medico e di comparto, la diminuzione del numero dei posti letto (passato dai 1807 posti del 2012 ai 1363 del 2017), il blocco degli interventi chirurgici non prioritari, il commissariamento della struttura da parte del Ministero, diventata il primo caso di Piano di Rientro nella storia della sanità regionale; la presenza di diverse unità operative all’interno di uno stesso spazio, con il rischio di infezioni, come nel caso della vicinanza di pazienti internistici e pazienti sottoposti a interventi chirurgici, e in assenza di dati di letteratura in materia, si impone il monitoraggio del rischio infettivo dall’avvio di ogni pratica sanitaria”.

“Occorre intervenire – conclude il deputato – per porre fine a questa macchina che ruba soldi al cittadino e mette a rischio l’incolumità delle persone e la possibilità di garantire cure adeguate attraverso una riorganizzazione dei vertici aziendali, l’ulteriore potenziamento del personale sanitario annunciato e il monitoraggio dell’utilizzo di risorse nuove e svincolate dalle deleterie logiche di partito che in questi anni tanti danni hanno prodotto”.

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