Economia e Lavoro
11 Giugno 2016
Giornata dell'Economia. Imprenditorialità: la ricetta sono i giovani e il dialogo (anche con la Cina)

Il made in Italy secondo solo a Visa e Coca Cola

di Redazione | 4 min

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Giovani e dialogo: queste le parole chiave della XIV Giornata dell’Economia – dal titolo ‘Italia, storie di passione e d’impresa’ – che ha registrato un’ottima risposta di pubblico, istituzionale e di categoria, ieri mattina nell’Aula Magna del Dipartimento di Giurisprudenza.

Un tema, quello economico, sempre al centro di ogni discussione, imprescindibile dopo le recenti crisi e i cambiamenti a livello globale. Il presidente della provincia Tiziano Tagliani, però, si dice “non ottimista, ma fiducioso” anche in ragione di un territorio, quello ferrarese, “in cui i tanti sindaci hanno saputo metter da parte le divergenze politiche – spiega – per collaborare sugli obiettivi, e il risultato sono gli investimenti di milioni di euro nel nostro territorio da parte di multinazionali”.

E benché l’Italia debba registrare “ancora un certo ritardo – introduce Giovanni Masino, delegato all’Orientamento e Post-laurea – rispetto ad altri paesi, il dialogo tra università, imprese e istituzioni è di una importanza fondamentale nella prospettiva di crescita”.

Una soluzione che condivide anche Patrizio Bianchi, assessore regionale alle politiche europee e alla formazione, ma che amplia a orizzonti mondiali. “Anche la crescita dei paesi ‘trainanti’ si assesterà su di un modesto +3,5%, e l’Europa rischia di finire lontana, e così le economie dei sui stati, da un centro che ora si stanzia in Asia e nel Pacifico – spiega nella disamina – ma paradossalmente questa potrebbe essere una possibilità per noi. Si dovrebbe cercare un dialogo con la Cina, il paese della leadership tecnologica, ed essere in grado di proporre al mercato mondiale un contenuto di qualità, una flessibilità di produzione e una forte identità. E poi non dimentichiamo l’agricoltura – continua – che è un segno identitario dell’Europa, e un settore che può essere trainante: si richiede un aumento della produzione, a le terre fertili sono il 12% del mondo emerso, quindi servono nuovi metodi produttivi”.

La ricetta “non è soltanto il lavoro di squadra – conclude Bianchi – ma la compenetrazione, le fasi allineate, serve una visione d’insieme che vuol dire saper tenere insieme tutti: questo dovrebbe essere il nostro tratto identitario con cui ci presentiamo al mondo”.

E il mondo, d’Italia, ne richiede sempre di più. “Secondo i dati di Unioncamere, dal 2011 al 2014 è salita del 22% la richiesta di prodotti made in Italy nel mondo, e siamo dunque chiamati – introduce ai lavori il presidente Cciaa Paolo Govoni – ad una sfida necessaria, alla quale rispondere con una nuova rivoluzione industriale. Non siamo un Paese di cenere e cittadini arresi, dobbiamo ripartire dal nostro irripetibile sistema imprenditoriale e produttivo, e citando un proverbio cinese, dico che l’Italia, ora che soffia il vento del cambiamento, deve costruire non muri ma mulini a vento”.

Consapevolezza, orgoglio e fiducia sono i tre elementi che debbono diventare colonne portanti del pensiero politico e dell’imprenditorialità per Sandro Gozi, sottosegretario di Stato alla presidenza del consiglio dei ministri.

“Dobbiamo essere molto consapevoli del patrimonio imprenditoriale dell’Italia, poiché ancora non lo siamo stati abbastanza; dobbiamo essere orgogliosi dell’Italia e smetterla con l’esagerata autocritica e disfattismo; dobbiamo avere fiducia e pensare a cosa sarà l’Italia fra dieci anni e non soffermarci su quello che eravamo prima o quello che siamo oggi”.

E infatti l’Italia è un paese che raccoglie storie di passione e d’impresa ed il MadeInItaly (noto a livello mondiale secondo solo a Visa e Cocacola) vanta una notevole predisposizione all’imprenditorialità a livello internazionale. Ammonta a circa 420 miliardi di euro il valore complessivo dell’export del Paese nel 2015, un potere (ed una possibilità) che le aziende hanno avuto per sopravvivere alla restrizione del mercato interno.

Gli spunti, come però le mancanze, sono tanti: “il cambio culturale è fondamentale e bisogna credere nella generazione del 2000 – afferma Mario Guidi, presidente nazionale di Confagricoltura. L’agricoltura non è solo tradizione, ma va allargato l’orizzonte creando, accettando ed abbracciando l’innovazione. Parliamo di internazionalizzazione ma non pensiamo in maniera internazionale”.

Uno dei tanti problemi però, rimane nell’elevato proibizionismo e nell’idea dell’agricoltura che deve essere declinata in maniera diversa: “le aziende agricole sono sparse su tutto il territorio, non concentrate in una sola città – continua Guidi. Cosa serve all’agricoltura? La banda larga sull’intero territorio italiano, onde evitare la paralisi e la fossilizzazione culturale”.

Il pensiero comune rimane quindi sulla valorizzazione delle realtà imprenditoriali che animano sì il Paese, ma che rimangono circoscritte nel territorio d’origine. “Per poter pensare in grande in maniera funzionale dobbiamo tornare a pensare al piccolo – ha spiegato Fausto Cacciatori, vicepresidente nazionale Cna –. Imprese e università sono gli anelli di congiunzione fondamentali per la ripresa di questo Paese”.

Ma secondo Marco Granelli di Confcommercio anche il mondo del welfare va cambiato: “meno Stato e più privato poiché l’attività di un’impresa è l’attività del territorio stesso”.

“Se dovessi chiedere qualcosa al governo – ironizza in conclusione Mario Guidi – gli chiederei di non fare più niente, perché ogni volta si genera un’enorme quantità di burocrazia e lo Stato, così facendo, si pone nemico delle imprese. Dobbiamo coordinare meglio il rapporto tra Stato-regione e il rapporto con l’Europa”.

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