Economia e Lavoro
9 Giugno 2016
Sindaco e segretario del Carroccio però non considerano le differenze. La Fondazione: "Si sarebbe potuto fare lo stesso anche a Ferrara"

Tagliani e Fabbri in sintonia: “Su Carife e CariCesena due pesi e due misure”

di Daniele Oppo | 4 min

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carifenew 2015 3“Due pesi e due misure” dice il sindaco di Ferrara. “Intervento del Fondo interbancario di tutela dei depositi a corrente alternata, per l’una ammissibile per l’altra vietato”, sostiene Alan Fabbri. Per una volta Tiziano Tagliani e il segretario provinciale del Carroccio sono d’accordo: entrambi criticano il salvataggio di CariCesena tramite l’aumento del fondo di capitale (280 milioni di euro) sottoscritto dal Fitd, cosa negata (seppure proposta in fase avanzata a suo tempo) per Carife, travolta poi dal salva-banche.

Ma entrambi hanno bisogno di un ripasso dei fatti. La cassa cesenate sarà con tutta probabilità salvata grazie al Fitd, è vero, ma tramite lo schema della “contribuzione volontaria”, ovvero l’intervento del fondo separato a cui le banche aderiscono volontariamente e non per un obbligo di legge, come è stato fino a poco tempo fa e come era nel caso di Carife.

Questo fa tutta la differenza del mondo tra i due casi: per la Carife quell’intervento, approvato dall’ormai famigerata assemblea, era previsto tramite il meccanismo ‘normale’, così come avvenuto mesi prima per Tercas, finché non è arrivata la procedura d’infrazione da parte della Commissione Ue per aiuti di stato. Un rischio in cui sarebbe incorso anche il salvataggio di Carife, un rischio in cui è incappato il salvataggio di Tercas, risolto proprio con il dirottamento allo “schema volontario”, approntato realmente dal Fitd (non senza difficoltà nel racimolare i capitali necessari) e approvato dall’Ue solo dopo il decreto salva-banche e il doloroso azzeramento di azionisti e una parte di obbligazionisti di Carife, CariChieti, Banca Marca e Banca Etruria.

C’è poi da rilevare che anche in questo caso il salvataggio non sarà indolore, anche se con effetti decisamente più accettabili:  la collocazione delle azioni sarà effettuata a un prezzo  tra 10 e 80 centesimi per azione (pochi anni fa venivano scambiate a 29 euro) e verrà probabilmente effettuato  aumento di capitale da 55 milioni dedicato all’esercizio dei warrant, che potranno essere esercitati dal diciottesimo al sessantesimo mese dalla data di emissione, permettendo almeno un parziale recupero degli investimenti.

Sulla questione, con maggior dettaglio e approfondimento, interviene anche la Fondazione Carife.  “Le modalità di esecuzione dell’aumento e dell’emissione dei warrant ricalcano fedelmente il progetto approvato dall’assemblea degli azionisti di Carife del 30 luglio 2015, con l’unica differenza che in questo caso è previsto l’intervento del Fondo su base volontaria, in forza delle nuove previsioni statutarie introdotte nell’autunno scorso”. La Fondazione ricorda gli scambi tra Commissione europea e ministero sulle riserve della prima in merito all’intervento del Fitd se non eseguito su base volontaria e sottolinea però “la propria totale insoddisfazione per come è stato condotto dalle Autorità preposte il progetto di aumento di Ferrara, che alla luce delle censure della Commissione europea, si sarebbe potuto realizzare introducendo per tempo le stesse modalità operative ora vigenti”. Insomma, la Fondazione non fa una valutazione sulla disparità di trattamento in sé, ma sul fatto che per Carife – dato che si conoscevano già le rimostranze dell’Ue – poteva essere proposto da subito lo strumento dello “schema volontario” (ricordiamo però che il Governo italiano ha resistito a lungo, contestando le posizione dell’Ue sulla qualificazione come aiuti di stato rispetto all’intervento del Fitd nel caso Tercas).

“Questa evidenza  – continua la Fondazione – si affianca a quanto emerso nei giorni scorsi per le emissioni obbligazionarie di Carife, pure azzerate, che presentavano chiaramente caratteristiche non speculative, ma anzi con tassi di interesse ben inferiori ai corrispondenti tassi dei Btp nel medesimo periodo. Tutto ciò si delinea ancora una volta come una punizione immotivata per gli azionisti e gli obbligazionisti della Cassa di Risparmio di Ferrara, una banca che era stata dichiarata risanata dai commissari con l’avallo della Banca d’Italia e la certificazione di illustri professionisti. L’avvenuto risanamento, dopo due anni di commissariamento ed i tre precedenti di vigilanza rafforzata, poneva Carife in una prospettiva di ripresa della normale gestione, non assimilabile in alcun modo ad altre realtà poi accomunate nella stessa decisione di azzeramento. In conclusione si rafforza la convinzione che a Ferrara si sia consumata una profonda ingiustizia che ha impoverito l’intero territorio e che richiede alle autorità preposte una attenta revisione delle proprie valutazioni ed una riflessione costruttiva su come restituire ai danneggiati i valori perduti”.

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