Cronaca
5 Agosto 2015
Il marito: “Ho scritto a Estense.com perché i ferraresi sappiano cosa accade e può accadere nella loro città”

Niente casa se hai la moglie cieca: non è discriminazione

di Marco Zavagli | 3 min

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ciecobastoneSua moglie è cieca e l’appartamento che aveva trovato per poter vivere assieme a lei gli è stato negato. La proprietaria che vive al piano superiore, o meglio le sue figlie, temono che la donna, a causa del suo handicap, possa avere problemi psichici, incorrere in un esaurimento nervoso, e di conseguenza renderle la vita impossibile. È la storia che abbiamo raccontato alcuni giorni fa attraverso una lettera di L.Z..

Le prime reazioni sono arrivate dal gruppo Facebook “Ferrara accessibile”. Il nostro articolo è stato postato da Fausto Bertoncelli, dipendente della Provincia, che chiede di pubblicare il nominativo del proprietario dell’appartamento e dell’agenzia immobiliare: “potevano trovare altre giustificazioni, sono le persone cosiddette “normali” o “normodotate” che vanno in esaurimento… è proprio il caso di dire: roba da mat…”. Tra i commenti compare quello di Marco Trombini, ex presidente dell’Unione Ciechi di Ferrara, che confessa come anche a lui sia capitato un episodio simile. “Nel 1998, volendo venire ad abitare a Ferrara – ricorda -, ho dovuto cercare sette case prima che il proprietario fosse disposto ad affittare il suo appartamento ad un non vedente. L’unica cosa è che c’è tanta delusione in me perché pensavo che in 17 anni i tempi potessero essere cambiati”.

“La discriminazione in questo paese è ancora molto alta, quanta delusione – interviene il responsabile Autonomia, mobilità e accessibilità dell’Uci locale, Renzo Rimessi -, che si vergognino!”. “Mi rammarico – aggiunge Rimessi a Estense.com – che in tanti anni le cose sono rimaste uguali, il diverso fa ancora paura nel nostro mondo, che sia migrante, disabile, di un’altra religione. Tutto questo mi fa abbastanza schifo”.

Non parla invece di discriminazione in senso tecnico Rossella Trevisan del sindacato inquilini Sunia: “sarebbe stata discriminazione – spiega – se i proprietari avessero detto che non volevano affittare a una cieca. Qui invece fanno ricadere le motivazioni all’interno della preoccupazione per lo stato di salute della madre. Questo è legittimo, magari sul piano morale un po’ meno”. Il Sunia conferma che “a livello giuridico posso decidere a chi affittare il mio immobile, senza configurare una discriminazione. Sono scelte soggettive, spesso criticabilissime e rette da motivazioni assurde”.

Eppure esiste una Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, ratificata dall’Italia nel 2009, che impone di “sensibilizzare la società sulla situazione delle persone con disabilità; accrescere il rispetto per i diritti e la dignità delle persone con disabilità; combattere gli stereotipi, i pregiudizi e le pratiche dannose concernenti le persone con disabilità”. L’articolo 19 anzi sembra calzare a pennello al caso in questione: “le persone con disabilità abbiano la possibilità di scegliere, su base di uguaglianza con gli altri, il proprio luogo di residenza e dove e con chi vivere”.

Ma il primo interessato a non percorrere eventuali vie legali è proprio L.Z.. Ha deciso di abbandonare la casa dove la sua famiglia vive da più di 20 anni perché la moglie, da quando ha perso totalmente la vista, nel 2011, in un paio di occasioni è caduta dalle scale. “L’ultima, ad aprile – ci conferma-, era in casa da sola e ha battuto la testa. E’ stata portata in ospedale e si è salvata per miracolo”.

Dopo il rifiuto del primo appartamento ora ha trovato un nuovo immobile che fa al caso suo e di sua moglie. Ma l’amarezza per quanto gli ha dovuto comunicare l’agenzia immobiliare è tanta. “Se tecnicamente non è discriminazione – riflette – è quantomeno un fatto di malcostume. Sono cose che non devono succedere in un paese civile”. Ma lui non è alla ricerca di risarcimenti. “Io ho scritto a Estense.com perché i ferraresi sappiano cosa accade e può accadere nella loro città. Avrei piacere che quelle persone leggessero e riflettessero su quello che scriverà. Questo sarebbe per me il massimo della soddisfazione che cerco”.

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