Politica
29 Aprile 2010
Giulietto Chiesa: “Siamo sul filo di una crisi mondiale senza precedenti”

Italia a rischio terrorismo

di Redazione | 5 min

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Giulietto Chiesa

Giulietto Chiesa è arrivato ieri a Ferrara, e verso le 10 di mattina lo si trovava davanti alla facoltà di Giurisprudenza di corso Ercole I d’Este. Poco prima della conferenza “Guerra e terrorismo dopo l’11 settembre”, a cui era stato invitato come relatore dall’associazione Officina, il giornalista ed ex parlamentare, noto per i suoi reportage da Mosca, si è così reso disponibile ad un’intervista per Estense.com.

Da 1 a 10, quanto siamo a rischio terrorismo in Italia?

È difficile rispondere perché prima bisogna rispondere alla domanda: “Che cos’è il terrorismo?”.

Che cos’è?

È una cosa molto complicata e non è quella che ci raccontano. Io penso che al-Quaeda non esista e ne sono convinto. Credo invece che esistano un sacco di persone che lavorano in senso terroristico, ma che sono tutte infiltrate nei servizi segreti. È molto difficile distinguere il terrorismo dal potere, perché il terrorismo è infiltrato nei servizi segreti nel momento in cui si forma. Perché i servizi segreti sanno tutto: se c’è un atto terroristico, non solo è assolutamente improbabile, ma è anche dimostrabile, che è impossibile che l’abbia organizzato qualche scalzacane.

E in Italia c’è tale rischio?

Certo che c’è. Da 1 a 10, la probabilità che accada un atto terroristico è 9. Siamo sul filo di una crisi mondiale senza precedenti: considerata quella del 1929, che ha portato alla Seconda Guerra Mondiale, la situazione attuale è più acutamente pericolosa.

Perché?

Perché è fallito l’intero sistema economico su cui si regge l’intero Occidente. L’intera macchina della produzione capitalistica è inceppata, non c’è nessun ordine mondiale, nessuno che guida. È come se fossimo su un aereo a 10mila metri di quota, e che all’improvviso si mette a ballonzolare. I passeggeri corrono verso la cabina di pilotaggio e scoprono che al comando c’è una scimmia. I passeggeri siamo noi. L’unica cosa che dovremmo fare tutti insieme è cacciare via la scimmia dal comando e cercare di atterrare, senza morire.

Chi è la scimmia, e come la si può scacciare?

Bisogna costruire una forza politica nuova, che sia capace di raccontare il mondo non come ce lo racconta il mainstream mediatico – che in Italia è particolarmente scemo (ma il discorso vale in generale per tutto il mondo) -, che narra la favola dell’uva, un mondo che non esiste, come quello di Marchionne che sostiene che possiamo produrre altri 6 milioni di  automobili Fiat e 36 nuovi modelli. Questa è la follia totale. Questa è la scimmia al comando. Perché non si potranno produrre 6 milioni di automobili. Capisco benissimo il problema dell’occupazione, ma non si risolve portando il pianeta alla rovina.

Verso che direzione stiamo andando?

A un certo punto ci sarà una situazione in cui non ci sarà più per tutti energia, acqua, cibo. Perciò si andrà in guerra, perché i più forti useranno le armi per procurarsi quello che non possono avere.

Come si può allora cambiare rotta?

Il mio lavoro politico nel giro intellettuale e culturale ha l’obiettivo di svegliare la gente, dicendole che bisogna assolutamente che noi ci dotiamo di mezzi di comunicazione di massa per parlare con milioni di persone, e metterla così in guardia su quello che sta accadendo.

Cosa sta accadendo nel contesto geopolitico internazionale?

Si andrà alla guerra con l’Iran. Questa è la mia nettissima sensazione. Il rischio di guerra è altissimo.

Quanto tempo abbiamo?

Un anno, due anni. Quando Israele deciderà che l’Iran è diventato una minaccia per la sua esistenza, attaccherà: e noi entreremo in guerra contro l’Iran. Ma questa volta non sarà come con l’Iraq o l’Afghanistan. Non sarà uno scherzo, perché l’Iran ha i missili e l’aviazione. È in grado di affondare una portaerei nel golfo Persico, e tutte le navi che porteranno petrolio in tutto il mondo. Nell’arco di 10-15 giorni. Non si potrà annichilire. Ci saranno milioni di morti: sarà usata l’arma atomica. Andiamo verso una crisi di proporzioni gigantesche e, in queste condizioni, è l’ipotesi più probabile.

In questo quadro, da pochi giorni ha fondato Alternativa, un nuovo movimento politico nel panorama nazionale. Non ritiene che possa contribuire a frammentare uno schieramento che condivide valori riconducili alla tradizione di sinistra?

No. Io ho fondato un movimento che non è programmaticamente di sinistra. Siamo di fronte a una tale emergenza, che la sola sinistra non basterebbe più comunque. Ho verificato che molta gente di destra non sa neanche la differenza tra destra e sinistra e vota in modo sbagliato, contro i suoi interessi, perché non sa nulla. Allora io mi rivolgo anche a loro, e penso sia possibile trovare un’intesa comune con milioni di persone per sopravvivere semplicemente, in modo più civile. Certo io non propongo “Alternativa” come alternativa ai partiti: i partiti attuali sono totalmente inefficienti e inessenziali. In particolare il Pd, che non rappresenta nessuna sinistra e non vuole neppure rappresentarla. Mentre i suoi elettori pensano ancora che sia giusto avere un programma di sinistra: che però non c’è. L’ambiguità sta nel fatto che gli elettori del Pd votano per un partito che non è più di sinistra e che al contrario ha sposato tutte le tesi dell’avversario. Naturalmente perde: l’avversario è più bravo di lui nel programmarle e nel farle andare avanti. Per questo non penso che si verifichi un incremento alla frammentazione, perché “Alternativa” nasce per mettere al centro dell’attenzione una serie di questioni che nessuno dice.

Le principali?

L’altissimo pericolo di guerra e l’enorme gravità della crisi, che è incomparabilmente superiore alla percezione della stessa, anche da parte di tutta la sinistra, che non è capace di fare un’analisi del mondo. Per questo ha fatto un sacco di stupidaggini. Abbiamo perciò bisogno di un nuovo sistema della comunicazione: l’attuale è un inganno. L’ho chiamato “la grande fabbrica dei sogni e della menzogna”. Occorre una informazione democratica, che abbiamo perduto, perché di conseguenza stiamo perdendo la democrazia.

Il nuovo ddl Alfano sulle intercettazioni introduce il carcere per i cronisti.

Questa è la deriva per cui, a poco a poco, tagliano sempre più i pezzi di informazione e gli strumenti per poter comunicare con il pubblico, avendo in mano loro tutto il meccanismo. Allora penso che per uscire da questa situazione di crisi, bisogna invertire la macchina dell’informazione. Finora questa macchina ha lavorato per trasformare milioni di persone, in Italia e nel mondo, in consumatori compulsivi. Nel momento in cui il consumo entra in crisi, noi dobbiamo architettare un modo per utilizzare questa macchina alla rovescia: trasformare milioni di consumatori in cittadini consapevoli. Questa è la condizione essenziale per sopravvivere. In Italia e in tutto il resto del mondo.

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