di Marcello Celeghini
Stiamo facendo abbastanza per combattere la fame nel mondo? Secondo i relatori, che mercoledì pomeriggio si sono susseguiti alla conferenza “Diritto al cibo: Agricoltura e sicurezza alimentare in Africa, il ruolo della cooperazione decentrata”, la risposta è affermativa se ci limitiamo al raggio d’azione italiano ma si potrebbe fare molto di più se si esamina l’operato complessivo dell’Unione Europea. Il convegno, organizzato da ActionAid, Nexus Emilia Romagna e Regione nella suggestiva Sala Alfonso I nella Via Coperta del Castello Estense, si inserisce nelle iniziative previste per il Festival dei Diritti di Ferrara.
Con l’Expo di Milano che focalizza l’attenzione di tutto il mondo sui temi legati alla terra e al diritto al cibo, il 2015 è un anno cruciale per definire un modello di sviluppo sostenibile del pianeta che nei prossimi decenni dovrà sopportare un aumento della popolazione di ulteriori due miliardi, portando la popolazione mondiale nel 2050 a ben 9 miliardi di persone. Questo vorrà dire mettere in campo soluzioni e provvedimenti che siano tesi all’abbattimento dal numero di denutriti sul pianeta, che nel 2010 erano ben 795 milioni di persone. Tema tanto più attuale se si pensa che la fame è una delle cause principali che porta masse sempre maggiori di persone a spostarsi in cerca di condizioni di vita migliori. “Se pensiamo che nel 1990 gli affamati erano oltre un miliardo di persone e oggi siamo a quota 795 milioni, un piccolo risultato c’è stato anche se possiamo fare molto meglio- spiega Roberto Sensi, responsabile del programma sul diritto al cibo di ActionAid-. Penso, ad esempio, all’Africa che in questi ultimi decenni ha visto una crescita esponenziale delle persone denutrite. Nel frattempo gli obesi nel mondo sono diventati circa 400 milioni e le persone in sovrappeso, per cattiva alimentazione, addirittura un miliardo. Lo spreco nella nostra società è un chiaro segno che la filiera alimentare mondiale non funziona e adesso è il momento buono per il cambiamento”.
Se Expo è una grande occasione di riflessione, non mancano i paesi che remano contro e sono restii ad elaborare un piano comune per abbattere la denutrizione e la povertà nel mondo. “Nel suo piccolo l’Italia stanzia circa lo 0,17% della ricchezza nazionale, circa 3 miliardi di euro, per operazioni di cooperazione internazionale e di aiuti umanitari- sottolinea il Segretario Generale di ActionAid Italia Luca Fraia-. Lo Stato contribuisce con circa 350 milioni di euro, il resto lo mettono le associazioni non governative e le donazioni dei cittadini. In Europa però non c’è una strategia comune e tra i vari stati ci sono diverse sensibilità sul tema. La Germania, ad esempio, tra i paesi più forti economicamente non contribuisce per nulla accampando la scusa della crisi economica”.
Tra gli attori protagonisti della cooperazione internazionale non mancano anche le università, e l’Università di Ferrara in questo non è seconda a nessuno. “Il compito dell’università- ricorda il professor Rosario Cultrera, responsabile del Centro di Unife per la Cooperazione allo Sviluppo- è quello di portare conoscenze e competenze che serviranno a formare la gente del luogo e creare così sviluppo. L’Università di Ferrara opera principalmente in Camerun e in Ecuador dove è coinvolta in innumerevoli progetti di cooperazione con tutti i suoi dipartimenti. In particolare la Scuola di Medicina è impegnata in prima linea. È partita la laurea a doppio titolo in ostetricia e in infermieristica con l’università del Perù che consentirà a due studenti ferraresi di recasi nel paese andino e a due peruviani di venire a Ferrara”.
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