Il nero, a Ferrara Fiere, si faceva. Alcune migliaia di euro, usate non per foraggiare il ‘sistema Scavuzzo’ o far arricchire gli ex amministratori, oggi imputati a vario titolo di concussione, peculato, contraffazione di pubblici sigilli, bensì per pagare maestranze e addetti ai servizi di ristorazione. I primi perché altrimenti non avrebbero proprio svolto certi lavori, i secondi per coprire il lavoro extra non compreso nei voucher. C’era dunque una contabilità bianca e una, appositamente creata, nera.
Questo nel periodo di gestione di Nicola Zanardi e del suo braccio destro Giorgina Arlotti e in parte anche sotto la guida di Filippo Parisini, che provò a cambiare le cose, a rendere i rapporti formali – soprattutto con Pietro Scavuzzo (avvocati Elisabetta Marchetti e Lorenzo Buldrini), allora allestitore dei padiglioni, oggi grande accusatore (e imputato) – e la gestione più trasparente rispetto al passato.
Più o meno è quello che si può dire abbiano raccontato ieri proprio Zanardi e Parsini al giudice dell’udienza preliminare Carlo Negri, in un interrogatorio durato tutta la mattina. Gli altri imputati, Arlotti e Angelo Rollo (imprenditore accusato di aver creato una doppia emissione di biglietti per gli eventi), verranno ascoltati nel corso di un’altra udienza, dopo la quale tutti decideranno che strada prendere: eventuali riti alternativi o procedere con un giudizio ordinario.
Sui rapporti con Scavuzzo, Zanardi (difeso dall’avvocato Marco Linguerri) ha spiegato come all’inizio fossero molto cordiali, ma che poi divennero molto tesi quando l’allestitore iniziò ad avanzare pretese di denaro che non gli spettava (secondo Zanardi) e si fece addirittura minaccioso una volta che gli venne detto che avrebbe anche lavorato di meno, non avendo la Fiera in programma eventi per l’anno a venire.
La ‘patata bollente’ passò poi al suo successore, Parisini, che ha raccontato anche al giudice ciò che già disse ai taccuini, ovvero di essere stato in realtà lui vittima dell’ex pentito di mafia, che in Fiera si comportava come un padrone, tanto da tenere per sé alcuni spazi per deposito e uffici senza pagare un affitto, dopo che gli aveva palesato la necessità di regolare il rapporto tra la sua società e la Fiera – fino ad allora non vincolato da alcun contratto (come ammesso dallo stesso Zanardi) e che poi cercò di mettere alla porta (cosa che in effetti avvenne, non senza difficoltà e dopo una transazione) per affidare a un’altra società gli allestimenti. Vittima al punto da collegare in maniera suggestiva il furto della sua auto alle ‘minacce’ che sentiva di aver ricevuto da Scavuzzo.
Entrambi gli ex presidenti hanno in ogni caso negato con forza di aver mai preso soldi o ricevuto favori indebiti da Scavuzzo o di aver intascato il ‘nero’ creato durante gli eventi. Zanardi – che più si è prodigato nello spiegare come funzionasse, quasi fosse naturale, quel meccanismo di piccola contabilità ‘parallela’ – ha anche specificato che lui non aveva nemmeno la possibilità di accedere alla cassaforte, dove veniva custodito il contante extra, non conoscendone la combinazione.
“Parisini – commenta a margine dell’udienza il suo legale, l’avvocato Claudio Maruzzi – ha avuto finalmente l’opportunità di raccontare al giudice, con rabbia e determinazione, la condizione angosciante e surreale che vive da ormai due anni di gogna mediatica e di delegittimazione personale e politica, a seguito del coinvolgimento nella nota vicenda della Fiera di Ferrara. Egli desidera manifestare la sua incredulità nel constatare che questo vero e proprio ‘terremoto’, con le conseguenti ricadute di natura anche politica, che Scavuzzo ha provocato, poco dopo aver posto la sua firma su un accordo transattivo raggiunto con la Fiera di Ferrara allora presieduta da Parisini, peraltro dopo lunghe ma fruttuose trattative, ad esito della quali aveva ottenuto una più che congrua ‘liquidazione’, rinunciando ad ogni ulteriore pretesa. Terremoto, fondato su accuse assurde e platealmente false, oltre che esposte nella sua denuncia con modalità e contenuti che sconfinano nel grottesco, solo se si pensi che si è spinto addirittura ad accreditarsi come vittima di quel sistema, dal quale, complessivamente, ha ricavato ben oltre il ‘ragionevole’ e nel quale operava come vero e proprio ‘padrone’. Parisini ha avuto il coraggio di interrompere il rapporto che Scavuzzo aveva con la Fiera da molti anni. Per questo è stato punito”.
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