Cronaca
12 Giugno 2020
Secondo l'accusatore Scavuzzo, la sua impresa avrebbe dovuto pagare il 20% del valore degli allestimenti per garantirsi il monopolio. Secondo troncone sui lavori post sisma

Le indagini sulla Fiera, dai pagamenti per l’esclusiva sugli stand all’appalto gonfiato

di Daniele Oppo | 2 min

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Tutto è ancora al vaglio degli inquirenti, le perquisizioni e i sequestri eseguiti martedì servono proprio a trovare eventuali riscontri. Certo è che nell’atto d’accusa di Pietro Scavuzzo, l’imprenditore siciliano ed ex collaboratore di giustizia dalle cui dichiarazioni nasce l’indagine sulle presunte tangenti a Ferrara Fiere, i contenuti sono piuttosto forti.

L’indagine è divisa in due: la prima parte riguarda i rapporti di Scavuzzo con Ferrara Fiere e la seconda riguarda l’appalto per la riqualificazione post sisma del quartiere fieristico.

Il primo troncone. Da quel che si apprende, Scavuzzo si sarebbe ‘rivoltato’, andando a denunciare tutto (e autoaccusandosi, per questo è anche lui indagato), una volta vistosi strozzato dai crediti accumulati nei confronti della Fiera: 300mila euro per gli allestimenti non pagati alla sua Europa Stand srl, società specializzata in forniture per fiere, mostre e congressi.

Secondo quanto ha raccontato agli inquirenti, l’imprenditore si sarebbe garantito una sorta di esclusiva versando nelle mani dei vertici dell’ente il 20% del valore degli allestimenti stessi. Un do ut des che, nella versione dell’accusatore, avrebbe previsto anche la divisione tra i vari soggetti coinvolti di una quota degli utili realizzati durante le esposizioni, come ad esempio i ricavi del bar: questo fa nascere l’ipotesi di reato di peculato.

In tempo di crisi gli affari non sarebbero più andati come previsto, così Scavuzzo non avrebbe più versato quel 20% richiesto e come conseguenza non solo sarebbe stato escluso dai nuovi allestimenti, ma la Fiera avrebbe anche stoppato i pagamenti arretrati, facendogli accumulare un credito enorme e un grande problema di liquidità. Il rapporto sembra essere stato transato a quota 50mila euro, poi Scavuzzo risulta aver mollato la società, vendendola, a detta sua, per pochi euro.

Il secondo troncone. Si salta alla seconda parte dell’indagine, che è quella più rilevante anche dal punto di vista economico e riguarda l’appalto da circa 5 milioni di euro per i lavori di riqualificazione post sisma, vinto dalla AeC di Modena. Proprio quel nome sarebbe saltato fuori in anticipo, rispetto all’aggiudicazione, durante una conversazione una conversazione privata con uno degli indagati.

Ma sull’appalto c’è di più: secondo una prima ricostruzione degli inquirenti, che nelle carte sequestrate martedì cercano riscontri, il suo valore sarebbe stato gonfiato, facendolo passare da 1,7 milioni di euro ai 5 milioni circa poi finanziati tramite i soldi della gestione commissariale dell’emergenza terremoto.

Ed è proprio qui che potrebbero inserirsi alcuni dei nomi degli indagati non ancora noti e nei confronti dei quali non sono stati compiuti atti garantiti: quelli appartenenti al livello politico.

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