di Stefania Scarfò
Dichiarazioni forti quelle rese dal collaboratore di giustizia Franco Garofalo in Corte d’Assise a Cosenza nell’ambito del processo sulla morte di Denis Bergamini.
Dopo aver raccontato in suoi trascorsi criminali, fatti di estorsioni e omicidi (descritti con una freddezza a tratti inquietante), Garofalo ha riferito dei rapporti al tempo (sul finire degli anni ’80) intrattenuti con il Cosenza Calcio “Il Cosenza era sotto estorsione. Una parte di sponsorizzazioni e abbonamenti finiva a noi”. La relazione con il club rossoblu non si fermava qui. La criminalità organizzata, infatti, garantiva protezione alla società e ai suoi giocatori. “A Cosenza non si muoveva foglia senza il placet della criminalità” ha detto Garofalo.
La morte di Denis rappresentò, allora, un duro colpo. “Subito ci interrogammo su quanto accaduto. L’ipotesi del suicidio non è mai stata presa in considerazione – ha affermato – Bergamini era tutto tranne che un ragazzo problematico”. Anche la mano della criminalità è però un’ipotesi da scartare per Garofalo “Nessuno poteva fare qualcosa del genere senza il nostro bene placito. Poco dopo la morte cominciarono a circolare voci di un possibile coinvolgimento della criminalità. Si parlò di droga, scommesse. Andai subito a chiedere conto ad Antonino Paese che mi escluse il suo coinvolgimento”. In pratica, secondo Garofalo, le voci relative al coinvolgimento della criminalità furono messe in giro proprio per screditare la figura di Paese, non visto bene dai reggenti del clan Perna.
E allora chi uccise Denis? Per Garofalo e i suoi sodali si trattò di una questione privata, un omicidio perpetrato lontano da Cosenza proprio per non dover render conto ai “padroni del territorio”. Alla domanda dell’avvocato Anselmo, che rappresenta la famiglia Bergamini, sull’idea che al tempo si fecero sul luogo della morte Garofalo ha così risposto “Abbiamo pensato che se vai a commettere un omicidio a Roseto Capo Spulico, lo fai perché hai garanzie. Dovevano per forza avere degli appoggi, nelle forze dell’ordine e non solo”. Affermazione che tenta di approfondire il legale di parte civile chiedendo conto di eventuali legami tra criminalità e magistratura, domanda non concessa dal presidente di Corte ma alla quale il testimone aveva già risposto in una precedente intervista rilasciata nel 2021 a Saverio di Giorno.
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